L’Entropia Aziendale nell’Era dell’Intelligenza Artificiale THEORY OF CONSTRAINTS
"L'entropia dell'universo tende verso un massimo." Rudolf Clausius
Il secondo principio della termodinamica stabilisce che in un sistema isolato l'entropia – ovvero il grado di disordine – può solo aumentare o rimanere costante, mai diminuire.
Per spiegare il concetto si può utilizzare l’esempio di un puzzle. Se rovesciamo i pezzi di un puzzle su un tavolo, la probabilità che compongano spontaneamente l’immagine corretta è praticamente nulla. Ci sono infinite configurazioni disordinate e una sola ordinata.
Le organizzazioni, intese come sistemi, non fanno eccezione: la complessità tende ad aumentare, le variabili si moltiplicano, le sorprese diventano la norma.
Quando nascono, le organizzazioni in genere sono snelle: un gruppo ristretto di persone, obiettivi chiari, processi operativi e informativi semplici e definiti. Ma con il tempo, e con la crescita, si stratificano le regole, si moltiplicano gli strumenti utilizzati, si accumulano i dati e le loro elaborazioni. Ogni nuova sfida porta con sé nuove procedure, nuove tecnologie, nuovi strumenti, nuovi controlli, nuovi report e un aumento delle interdipendenze, che costituisce la principale caratteristica della complessità organizzativa.
In questo contesto, le possibilità di disordine sono semplicemente molto più numerose di quelle di ordine. Senza una strategia per contrastarli, la complessità e il disordine tendono naturalmente ad aumentare, rallentando i processi decisionali e riducendo l’efficacia e l’efficienza nell’esecuzione delle attività.
Il vero problema per chi guida un’organizzazione non consiste nella crescita del disordine in sé, ma nella riduzione progressiva della possibilità (o almeno della percezione) di avere la situazione sotto controllo. Il management, che in teoria dovrebbe dirigere l’orchestra, si trova spesso a rincorrere eventi che sfuggono di mano.
L’ineliminabile presenza dell’incertezza complica il quadro di riferimento e induce imprenditori e manager ad avviare iniziative che spesso contribuiscono a generare circoli viziosi di alimentazione del disordine (semplificazioni forzate, controlli aggiuntivi, Introduzione di strumenti previsionali tesi a ridurre l’incertezza, ecc.).
Ma che cosa accade quando, per contrastare questa tendenza naturale, il management decide di ricorrere all’impiego dell’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) come supporto alla propria attività gestionale e strategica?
GenAI: Un Potenziale Acceleratore di Disordine
Per comprendere l'impatto della GenAI sull'entropia organizzativa, dobbiamo prima distinguere tra due rami dell’intelligenza artificiale fondamentalmente diversi.
L'intelligenza artificiale tradizionale opera attraverso algoritmi definiti e processi deterministici. Un sistema di riconoscimento vocale, un algoritmo di ottimizzazione logistica o un software di analisi predittiva seguono regole precise e producono output prevedibili dato un determinato input. Questi strumenti, pur essendo complessi nella loro implementazione, mantengono una trasparenza nel loro modo di operare: avendo le competenze necessarie, è possibile tracciare il percorso logico che porta dall'input all'output.
I sistemi basati sulla GenAI, invece, non seguono regole predefinite, ma generano contenuti originali attraverso processi probabilistici che mimano – senza replicare – il pensiero umano. La potenza della GenAI consiste principalmente nella creazione di qualcosa di nuovo, mediante l’introduzione di elemento creativi non deterministici. Tuttavia, a questa funzione è associata una caratteristica distintiva della GenAI: la sua opacità intrinseca. I modelli generativi sono spesso “scatole nere”, difficili da interpretare e da controllare pienamente. Dal punto di vista pratico, questo significa che è impossibile risalire in modo preciso alla logica che il sistema basato sulla GenAI ha seguito per generare un determinato output (assunti considerati, regole logiche seguite, risultati intermedi, ecc.).
Quando si introducono strumenti basati sulla GenAI nei processi decisionali, la catena causa-effetto che normalmente supporta tali processi viene interrotta e sostituita con correlazioni probabilistiche opache, ossia impossibili da analizzare nel dettaglio. Questo impedisce di rispondere in modo esaustivo alla domanda: “Perché questa opzione rappresenta la scelta migliore in questo contesto?”.
Inoltre, la natura stocastica della GenAI può produrre output diversi per input identici (ad esempio, lo stesso problema aziendale può generare soluzioni diverse in momenti diversi), introducendo un ulteriore fattore di variabilità incontrollabile.
Le conseguenze dell’opacità intrinseca della GenAI sono particolarmente rilevanti anche nei flussi informativi. Ogni volta che la GenAI processa un’informazione, può introdurre piccole modifiche, che, accumulandosi nei passaggi successivi, allontanano progressivamente gli output dagli input originari. A questo si aggiunge il fatto che quando le informazioni generate dalla GenAI si mescolano con informazioni originali, l'organizzazione perde la capacità di distinguere tra fatti verificati e interpretazioni generate automaticamente.
In generale, il ricorso massiccio e frenetico all’introduzione della GenAI nei processi organizzativi rischia di generare un paradosso: una tecnologia progettata per semplificare e automatizzare processi complessi può costituire un potente acceleratore per la naturale tendenza all’incremento del disordine e alla perdita di controllo.
La tecnologia non risolve problemi di disallineamento alla strategia globale, di frammentazione dello sforzo organizzativo, di progressivo scivolamento verso una situazione caotica e ingovernabile, ma rischia di amplificare le disfunzioni e di accelerarne l’esito indesiderato. Questo rischio sembra trovare conferma in uno studio recente del MIT (Massachusetts Institute of Technology), The GenAI Divide: State of AI in Business 2025, che ha messo in evidenza che il 95% delle iniziative di introduzione della GenAI nelle organizzazioni non ha prodotto alcun ritorno dell’investimento in termini economici.
Che cosa può fare un’organizzazione per affrontare la sfida del controllo, in un contesto a entropia crescente?
Un Salto di Paradigma: Governare il Disordine (non Cercare di Eliminarlo)
Il punto di partenza per acquisire e mantenere un reale controllo in un’organizzazione consiste nell’accettare che il disordine non è un’anomalia, ma la tendenza naturale di qualsiasi sistema. Ogni semplificazione che non affronti questa legge di fondo è destinata a produrre benefici temporanei e, spesso, effetti collaterali negativi, qualora nel farlo si ignori la natura sistemica delle organizzazioni.
Per gestire in modo efficace in presenza di tutti i fattori che contribuiscono ad alimentare il disordine (incertezza, complessità, variabilità, conoscenza incompleta, Cigni Neri, ecc.) è necessario riconoscere che ogni organizzazione è caratterizzata da pochissimi elementi, agendo sui quali è possibile controllarne il funzionamento e orientarne le prestazioni. Questi elementi (l’obiettivo, le risorse, le regole del gioco e gli indicatori chiave) costituiscono delle leve gestionali che, nel loro insieme, forniscono un quadro si riferimento solido per evidenziare e sfruttare la semplicità intrinseca presente in ogni organizzazione.
Un quadro di riferimento che non riduce l’entropia, ma offre una bussola per orientarsi in un contesto complesso e imprevedibile.
Anche con un quadro di riferimento chiaro ed efficace, l’incertezza può condizionare significativamente le prestazioni di un’organizzazione. Al fine di ottenere un buon grado di prevedibilità sugli esiti di quanto pianificato, è opportuno introdurre dei buffer, ossia degli strumenti di protezione dal potenziale impatto negativo dell’incertezza.
Alcuni esempi di buffer:
- Nei progetti, i buffer di tempo assorbono i ritardi, impedendo che uno slittamento temporale in un’attività determini un reazione a catena, compromettendo il rispetto della data di completamento definita.
- Nelle catene di fornitura, i buffer di scorte assorbono la variabilità di domanda e fornitura, prevenendo l’esaurimento delle scorte necessarie.
- Nei reparti critici, i buffer di capacità permettono di gestire picchi o carichi imprevisti di lavoro senza pregiudicare il rispetto degli impegni assunti in precedenza.
La Theory of Constraints ha introdotto importanti innovazioni nell’uso dei buffer nella gestione delle organizzazioni, dando loro visibilità e utilizzando il loro consumo come strumento di controllo per rispondere all’impatto reale dell’incertezza.
Come la GenAI Può Aiutare a Governare il Disordine
In che modo l’intelligenza artificiale può aiutare ad affrontare questa sfida?
Per rispondere a questa domanda conviene partire dal presupposto che la GenAI, come tutte le tecnologie, può generare valore se, e solo se, riduce o elimina una limitazione significativa. Pertanto, per apprezzarne pienamente i benefici, è necessario che la sua introduzione non solo sia effettuata mediante un piano in grado di prevenire gli effetti indesiderati sopra indicati, ma sia anche accompagnata dall’identificazione e dalla modifica di quelle regole (meccanismi di adattamento) che erano state originariamente introdotte dall’organizzazione per adattarsi alla limitazione che ora viene eliminata o sostanzialmente ridotta.
In pratica, questo comporta che, prima di addentrarsi negli aspetti tecnici dell’adozione di strumenti basati sulla GenAI, un’organizzazione dovrebbe fornire una risposta esaustiva a una precisa sequenza di domande:
1. Qual è la limitazione che si intende ridurre o eliminare?
Può trattarsi, ad esempio, dell’inaccettabile lentezza nel produrre una determinata documentazione tecnica, della difficoltà di personalizzare la comunicazione con i clienti, del tempo eccessivamente lungo richiesto per analizzare grandi quantità di dati.
2. Quali sono le regole che l’organizzazione ha creato per convivere con quella limitazione?
I meccanismi di adattamento adottati dall’organizzazione potrebbero consistere nella creazione involontaria di colli di bottiglia nell’attività di progettazione, nell’assegnazione di risorse importanti a processi secondari, nella definizione di tempi estremamente lunghi (e raramente compatibili con le esigenze del mercato) per la risposta alla richiesta di offerte.
3. Come devono essere modificate le regole, per trarre il massimo beneficio dall’adozione del nuovo strumento?
Introdurre strumenti di GenAI senza modificare i meccanismi organizzativi che presupponevano la limitazione significa aggiungere complessità, non ridurla. È come installare un motore più potente su un’auto, mentre il parabrezza diventa sempre più opaco: la velocità aumenta, ma la capacità di navigare in sicurezza diminuisce progressivamente.
Conclusioni
La rapida evoluzione dell’ambiente nel quale le organizzazioni operano oggi rende quanto mai evidente la sfida che l’aumento naturale del disordine pone al management di ogni organizzazione.
L’intelligenza artificiale, con particolare riferimento alla GenAI, può essere di aiuto in questa sfida, purché l’obiettivo che si intende perseguire non sia l’illusoria riduzione sistematica del disordine, ma piuttosto l’apprendimento della capacità di governare efficacemente un contesto caratterizzato da un disordine ineliminabile.
Le organizzazioni che sapranno perseguire questo obiettivo con disciplina – focalizzandosi sulle vere limitazioni, ridisegnando regole obsolete, adottando buffer intelligenti – non solo diventeranno capaci di rispondere a situazioni sempre più sfidanti, ma potranno utilizzare le nuove capacità come fattore di differenziazione.