Le Parole del Management - 34. Responsabilità

Le Parole del Management - 34. Responsabilità


“Non cerchiamo di addossarci la colpa del passato, accettiamo la nostra responsabilità per il futuro"

J. F. Kennedy

Quando un progetto fallisce, la domanda che più frequentemente risuona nelle sale riunioni è sempre la stessa: "Chi è responsabile?". È una domanda apparentemente logica, persino necessaria. Dopotutto, identificare il responsabile dovrebbe aiutarci a evitare di ripetere gli errori commessi.

Eppure, questa domanda nasconde una delle trappole più insidiose del management moderno.

Nel linguaggio manageriale italiano, “responsabilità” è un termine ambiguo: può riferirsi sia alla capacità farsi carico e di rispondere a una situazione (in inglese: responsibility), sia all’attribuzione delle conseguenze di una decisione o di un’azione (in inglese: accountability). Questa confusione semantica ha conseguenze importanti nella gestione delle organizzazioni. Quando un manager chiede “Chi è responsabile?”, si espone all’ambiguità di interpretazione della sua domanda: nonostante l’intenzione sia quella di ottenere indicazioni su "chi può fare qualcosa per risolvere questo problema", è probabile che l’interpretazione percepita si riferisca a “chi merita di essere punito". Le conseguenze sono facilmente prevedibili: tempo e risorse dedicate dalle persone alla difesa della propria posizione e della propria immagine, limitato impegno alla ricerca di risposte alla situazione problematica.

Ma cosa significa davvero essere responsabili in un’organizzazione complessa che opera in un contesto incerto, instabile e imprevedibile?

L'Illusione del Controllo

Cercare un capro espiatorio è rassicurante. Offre l'illusione che, una volta identificato chi ha sbagliato, il problema sia sotto controllo. Il nostro bisogno di certezza sembra trovare facile appagamento nell’esito di questa semplice analisi, alla portata di qualsiasi organizzazione.

Ma la realtà è diversa. La maggior parte dei problemi che un’organizzazione deve affrontare nasce da una combinazione di fattori esterni, molti dei quali al di fuori del controllo diretto, o anche solo dell’influenza, dell’organizzazione: i cambiamenti nel mercato di riferimento, l’innovazione della concorrenza, l’evoluzione della tecnologia, i mutamenti nelle preferenze dei clienti, la volatilità dei fattori macroeconomici, il manifestarsi di eventi imprevedibili di grande impatto, che possono mettere in pericolo la sopravvivenza stessa dell’organizzazione. La ricerca del responsabile potrebbe tradursi in domande di imbarazzante assurdità: “Chi dovremmo punire per l’inflazione?”; “Chi è responsabile dell’attuale congiuntura negativa?”

Questa situazione impone di rivedere l’approccio classico al problem solving.

Il processo tradizionale di risoluzione dei problemi prevede che, dopo avere definito con chiarezza la natura del problema e avere raccolto le informazioni rilevanti, si proceda all’identificazione della/e causa/e principale/i e alla definizione di soluzioni in grado di rimuoverla/e.

Questo metodo si rivela efficace quando è ragionevolmente possibile trovare soluzioni in grado di prevenire che le cause possano manifestarsi nuovamente.

Purtroppo, quando la causa primaria del problema è esterna all’organizzazione o comunque è rappresentata dalla combinazione di fattori che l’organizzazione non è in grado di controllare, questo approccio non offre alcuna prospettiva di miglioramento della situazione.

È proprio in queste circostanze, apparentemente senza speranza, che entra in gioco la responsabilità, intesa come la capacità (e la libertà) di scegliere la propria risposta a ciò che accade, anche quando non ne siamo la causa.

Responsabilità come Potere d’Azione

Agire come persone responsabili significa scegliere di farsi carico di un problema che ci interessa e di cui noi e la nostra organizzazione subiamo le conseguenze.

Anche se non possiamo fare nulla per rimuovere le cause primarie del problema, la decisione di agire in modo responsabile significa rifiutare l’idea che gli esiti di ciò che ci sta a cuore siano totalmente determinati da fattori esterni, di fronte ai quali siamo totalmente impotenti.

Nell’articolo “Vittima o Giocatore? La Scelta Essenziale” si descrive la scelta di atteggiamento che siamo chiamati a effettuare di fronte a un problema le cui cause sono al di fuori del nostro controllo. Possiamo comportarci da vittime o da giocatori. La vittima si concentra sui fattori che non può controllare: "Il mercato ha subito una contrazione", "La concorrenza è molto aggressiva", "L’Intelligenza Artificiale ha cambiato le regole del gioco". Il giocatore si concentra sui fattori che può influenzare: "Che cosa possiamo fare per conseguire i nostri obiettivi, considerando l’attuale situazione?”, “Come possiamo modificare il nostro approccio al mercato per acquisire un vantaggio competitivo?”, "Come possiamo ottenere di più con le risorse disponibili?"

La differenza non è nell'analisi della situazione - entrambi gli atteggiamenti riconoscono pienamente gli stessi fattori esterni. La differenza è nella focalizzazione: dove dirigiamo la nostra attenzione e le nostre energie.

Il giocatore accetta di farsi carico del problema, anche se non l'ha causato. È una scelta determinata non solo dal desiderio di fare la sola cosa sensata che le circostanze permettono, ma anche da un sano pragmatismo: solo chi accetta la situazione e si assume la responsabilità di rispondere ad essa può influenzare l’esito finale e orientarlo verso l’obiettivo desiderato.

Il Ruolo della Leadership

Diffondere un forte senso di responsabilità nella propria organizzazione costituisce uno dei compiti principali del leader. Ma spesso, la carenza di fiducia nelle competenze e nell’esperienza dei collaboratori, la pressione percepita per uscire rapidamente da una situazione problematica e la presunzione di conoscere “la soluzione”, induce imprenditori e manager a impartire ordini precisi su come affrontare ogni circostanza. Questo atteggiamento impedisce di fatto alle persone di trovare autonomamente il modo di rispondere alla sfida che si presenta, anche quando avrebbero la competenza e l’esperienza per farlo, e si chiede loro di farsi carico dei risultati.

È come chiedere a qualcuno di essere responsabile del risultato di una partita a scacchi, ma poi pretendere di dettargli ogni singola mossa.

Responsabilizzare significa fidarsi. Significa mettere le persone nella condizione di scegliere come agire, assumendosi l’onere di quella scelta. Significa rinunciare al micro-management per costruire un contesto in cui ciascuno possa mettersi in gioco, con la consapevolezza che ogni situazione richiede una risposta e ogni risposta comporta una conseguenza.

Conclusioni

Quando un'organizzazione abbraccia la responsabilità come capacità di risposta alle circostanze, indipendentemente dalla loro origine, compie un passo importante nel percorso verso l’antifragilità. Non si limita a resistere ai fattori di stress: li usa come opportunità per diventare più forte. Ogni crisi diventa un'occasione per sviluppare nuove competenze, per innovare, per rafforzare la collaborazione.

È importante recuperare il senso etimologico del termine responsabilità, come capacità di focalizzarsi sulla risposta a una situazione. Con questa accezione, la responsabilità diffusa può diventare un elemento distintivo di un’organizzazione e contribuire alla creazione di un vantaggio competitivo.

Ultimi post