Inerzia: Il Nemico Invisibile che Blocca l’Organizzazione ANTIFRAGILITÀ
Esiste un nemico che minaccia la sopravvivenza di molte organizzazioni, anche di quelle apparentemente più solide. Non è la concorrenza, non è la carenza di risorse, non sono i cambiamenti del contesto. È una specie di forza che opera sotto la soglia della consapevolezza e che condiziona la capacità delle organizzazioni di evolvere e prosperare: l'inerzia.
A differenza di altri ostacoli, l’inerzia trae il suo potere dalla sua invisibilità, poiché la sua presenza è spesso mascherata dall’attivismo frenetico al quale si assiste nelle organizzazioni, che dà origine all’illusione che si stiano facendo progressi verso gli obiettivi definiti. Le persone sono impegnate assiduamente, le iniziative si moltiplicano, il volume dei dati scambiati cresce esponenzialmente, eppure i risultati restano deludenti.
L’organizzazione si muove, ma non progredisce.
Che cos'è l'inerzia: dalla fisica alle organizzazioni
Quando si pensa all’inerzia, si è portati a immaginare uno stato di quiete, di immobilità, di inattività.
In fisica, il principio di inerzia stabilisce che “un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non intervenga una forza esterna a modificare tale stato”. Pertanto, l’inerzia può essere definita come la “proprietà di un corpo che determina la sua resistenza a variazioni del suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme”.
Questa è la chiave per comprendere l'inerzia nelle organizzazioni. Si può assistere a un movimento intenso, senza che si registri un reale avanzamento verso l’obiettivo. Come un criceto nella ruota: tanto movimento, nessun progresso.
L'inerzia organizzativa può essere definita come la “condizione nella quale l’organizzazione continua a operare nel modo consueto anche in presenza di chiari segnali che dovrebbero indurla a cambiare”. È la declinazione aziendale di ciò che sperimentiamo tutti: l'inerzia cognitiva, ossia la tendenza a conservare idee, convinzioni e abitudini anche di fronte all'evidenza della loro infondatezza o inadeguatezza.
La diagnosi dell’inerzia: i sintomi
Come in medicina la presenza di nemici invisibili (virus o batteri) è comunemente evidenziata dai sintomi che il paziente ospite manifesta, in modo analogo la presenza dell’inerzia in un’organizzazione può essere rivelata da alcuni segnali caratteristici, ognuno dei quali può indicare l’esistenza di un blocco nella capacità di fare progressi.
Prestazioni in declino o stagnanti. Questo è il sintomo più critico e insidioso. Quando si registra un andamento prolungato di prestazioni negative, la reazione comune consiste nel cercare di giustificare tale andamento chiamando in causa fattori esterni non controllabili. Il punto è che cercare giustificazioni, magari osservando che i concorrenti non stanno meglio, e reagire semplicemente incrementando lo sforzo, non consentirà di uscire dalla situazione negativa.
Divario sensibile tra risultati reali e risultati attesi. I risultati attesi sono normalmente definiti in base a criteri solidi. Risultati significativamente inferiori alle aspettative indicano che qualcosa di strutturale non funziona. Ancora una volta, cercare giustificazioni non migliora la situazione.
Crescita debole in presenza di congiuntura favorevole. Se il settore di riferimento cresce del 20% all’anno e l’organizzazione cresce solo del 10%, l'inerzia sta probabilmente frenando la crescita. Questo sintomo è particolarmente sfuggevole: quando i risultati sono positivi, il management difficilmente si interroga sulla possibilità che l’organizzazione stia vivendo uno stato di inerzia.
Incapacità di affrontare efficacemente una sfida (tecnologica, commerciale, organizzativa). La difficoltà persistente a reperire e trattenere persone capaci, l'incapacità di integrare nuove tecnologie nei processi, l’inefficacia delle iniziative di sviluppo commerciale, devono essere considerati campanelli d'allarme.
Abbandono dell'organizzazione da parte di figure chiave. Quando clienti importanti, partner strategici o collaboratori capaci ed esperti lasciano l’organizzazione, spesso è perché percepiscono che essa è bloccata e incapace di evolvere.
Ma come validare con certezza la presenza di inerzia? Il metodo più efficace consiste nell'analizzare se l'organizzazione stia alimentando un circolo vizioso, ossia se le azioni intraprese per risolvere un problema finiscano per alimentare il problema stesso.
È il caso, ad esempio, di un’impresa che, per rispondere alla perdita di quote di mercato a favore di concorrenti che offrono prodotti/servizi a prezzi più bassi, decide di abbassare a sua volta i prezzi, avviando contestualmente iniziative tese a ridurre i costi per mantenere una redditività sufficiente. Quando tali iniziative intaccano gli elementi distintivi dell’offerta dell’impresa, i clienti percepiscono il valore delle diverse offerte come indistinguibile e si sentono legittimati a decidere in base a un unico criterio: il prezzo. In questa situazione, a meno che l’impresa non sia in grado di praticare il prezzo più basso, mantenendo una redditività sufficiente, le vendite sono destinate a subire un’ulteriore contrazione, alimentando il circolo vizioso.
Il potere dell'inerzia: perché è così difficile superarla
Comprendere i meccanismi che rendono l'inerzia così potente è essenziale per definire efficaci strategie per il suo superamento.
Di seguito si riportano alcuni dei principali fattori che concorrono a mantenere un’organizzazione in uno stato di inerzia.
- Distorsione dello status quo. È più facile e meno faticoso non decidere che decidere. Quando dobbiamo selezionare tra varie opzioni, spesso scegliamo l'opzione più facile, che normalmente consiste nel continuare a fare ciò che abbiamo sempre fatto. Questo fenomeno è amplificato dal sovraccarico informativo, dalla sovrabbondanza di dati senza criteri chiari per distinguere ciò che è rilevante da ciò che non lo è. Inoltre, considerando che oltre il 70% delle iniziative di miglioramento non produce i risultati attesi, mantenere lo status quo assume l’apparenza di una scelta razionale.
- Avversione al rischio. Il rischio associato a un cambiamento, quando correttamente percepito, può favorire la paralisi decisionale, essendo sostenuto da due aspetti psicologici molto potenti: l’avversione per l’incertezza (si preferisce una situazione apparentemente sotto controllo, anche se negativa, a una potenzialmente migliore ma caratterizzata da incertezza) e la distorsione retrospettiva o del senno di poi (imprenditori e manager sono consapevoli del fatto che le loro decisioni saranno valutate in base ai risultati finali, che a loro volta saranno condizionati dall’impatto di eventi imprevedibili nel momento in cui le decisioni sono assunte).
- Avversione per le perdite. Le perdite sono percepite con intensità molto maggiore dei guadagni della stessa entità. La perdita di un milione di euro provoca un dispiacere di gran lunga superiore al piacere del guadagno di un milione. Pertanto, il timore di perdere quello che abbiamo è percepito con un’intensità superiore al desiderio di guadagnare qualcosa di nuovo.
- L'"inerzia del vincitore". Le organizzazioni che hanno raggiunto una posizione soddisfacente tendono a mantenere lo status quo per difenderla. Quando un certo modo di operare ha portato risultati positivi, diventa difficile abbandonarlo, anche se l’evoluzione del contesto indurrebbe a farlo. Il passato diventa così una gabbia che blocca la naturale evoluzione dell’organizzazione.
La presenza di questi fattori, profondamente radicati nella psicologia umana, fa comprendere come per superare l’inerzia sia necessario molto di più di un kick-off meeting o un piano di comunicazione. Come un missile che deve vincere l'attrazione gravitazionale per lasciare la Terra, l'organizzazione deve generare un'energia di attivazione straordinaria per superare il potere attrattivo dello status quo.
Le ragioni per superare l’inerzia
Viviamo in un contesto caratterizzato da fattori di stress imprevedibili e impattanti: crisi economiche, transizioni tecnologiche, shock geopolitici, rapida evoluzione delle preferenze dei clienti. L’inerzia espone l’organizzazione a un rischio esistenziale, perché la priva della capacità di rispondere all’evoluzione del contesto in cui opera, di adattarsi e, possibilmente, di beneficiare dell’alternanza di situazioni favorevoli e sfavorevoli.
Quando le cose vanno male, attendere un’inversione spontanea non costituisce una strategia razionale: le risorse vengono progressivamente erose, la preoccupazione per il futuro genera ansia e frustrazione a tutti i livelli e spinge le persone più capaci a cercare opportunità altrove, proprio nel momento in cui il loro contributo diventa essenziale per uscire dalla situazione difficile.
Quando le cose vanno bene, l’inerzia si nasconde dietro i buoni risultati. Ma proprio i periodi favorevoli rappresentano l’occasione migliore per agire: le condizioni positive consentono di innovare, sperimentare, acquisire una posizione dominante e rafforzare il vantaggio competitivo.
Ma c'è qualcosa di più profondo. Le prestazioni passate non forniscono alcuna indicazione su come l'organizzazione sarà in grado di affrontare le sfide future. I classici criteri basati sui dati di bilancio (profitto, fatturato, ROI, ecc.) sono utili in condizioni stabili, ma non permettono di prevedere le prestazioni future in un contesto come quello attuale, caratterizzato da complessità, incertezza e instabilità.
Oggi risulta più utile classificare un’organizzazione in base alla sua fragilità (propensione a subire danni ingenti in situazioni negative e a trarre benefici limitati da quelle positive), alla sua robustezza (sostanziale impermeabilità all’impatto sia di condizioni favorevoli che di condizioni sfavorevoli) o alla sua antifragilità (capacità di limitare i danni in condizioni sfavorevoli e di beneficiare al massimo delle opportunità offerte dalle condizioni favorevoli).
Agire quando le cose vanno bene significa sfruttare l’opportunità per passare progressivamente dalla fragilità all’antifragilità. Aspettare una crisi significa rischiare di non avere più le risorse per uscirne.
Come superare l'inerzia: il processo
Alla luce delle considerazioni sul potere dell’inerzia e sui rischi associati alla sua passiva accettazione, è ragionevole pensare alla necessità di superarla nel più breve tempo possibile, mediante un processo strutturato che rispetti criteri precisi:
- Generare in partenza un'energia di attivazione straordinaria, che consenta di uscire dallo status quo.
- Favorire la focalizzazione dello sforzo organizzativo, in modo da ridurre la complessità.
- Essere chiaro per tutte le parti interessate, in tutte le sue componenti (scopo da perseguire, iniziative da intraprendere, sequenza da seguire, responsabilità e ruoli da ricoprire).
- Favorire il passaggio dalla fragilità all’antifragilità, al fine di prevenire che il cambiamento esponga l’organizzazione a nuovi rischi per la propria sopravvivenza.
- Favorire la partecipazione attiva delle persone coinvolte.
Vediamo le fasi concrete del processo.
- Definire un obiettivo "impossibile". Questo è il fulcro del processo. Un obiettivo “impossibile” è semplicemente un obiettivo che si pensa non possa essere raggiunto nelle attuali condizioni. Per rendere praticabile questa fase si può seguire il seguente criterio: fissare l'obiettivo minimo per il quale ci sia consenso unanime tra i manager sull'impossibilità di conseguirlo con le modalità in atto. Lo scopo di un obiettivo impossibile è obbligare le persone a pensare fuori dagli schemi. In assenza di tale obiettivo, le persone continueranno a pensare e ad agire nel modo consueto, magari incrementando lo sforzo, nell'illusione che questa volta funzionerà. Questo è esattamente ciò che mantiene l'organizzazione nello status quo e alimenta il circolo vizioso.
- Individuare le condizioni necessarie. Una volta fissato l'obiettivo impossibile, il passo successivo è individuare le condizioni che, se realizzate, consentirebbero di raggiungerlo. Sono condizioni al momento inesistenti (in caso contrario, l’obiettivo sarebbe “possibile”), ma la loro definizione è utile per cominciare a tracciare un percorso nuovo in grado di avvicinare l’organizzazione all’obiettivo “impossibile”. Non si tratta di elencare azioni, ma di identificare prerequisiti, cambiamenti strutturali, capacità da sviluppare.
- Liberare capacità. Prima di aggiungere nuove iniziative, è necessario fare spazio per poterle realizzare. Esaminare tutte le iniziative in corso e verificare in che misura contribuiscono a fare progressi verso l'obiettivo. Sospendere o eliminare quelle che non concorrono al raggiungimento dell'obiettivo e non sono necessarie alla sopravvivenza dell'organizzazione. È una fase controintuitiva ma essenziale: il cambiamento impone di prevenire la dispersione delle risorse e di evitare il sovraccarico che indurrebbe le persone a cadere nella trappola del multitasking.
- Definire e formalizzare un piano concreto. Il piano deve illustrare non solo le strategie e le tattiche da realizzare in una sequenza definita, ma anche la logica che le supporta e le collega. La sequenza delle iniziative dovrà essere finalizzata innanzitutto a proteggere l’organizzazione dall’impatto di eventi che possono metterne in pericolo la sopravvivenza, poi ad alimentare la crescita mediante lo sfruttamento delle opportunità create. Uno strumento utile per la formalizzazione del piano è l'Albero di Strategia e Tattica.
- Acquisire il consenso. Prima di avviare il piano, è essenziale realizzare il processo di acquisizione del consenso delle persone direttamente coinvolte. Non si tratta di convincere tutti fin dall'inizio: questo rischierebbe di allungare inutilmente i tempi e di esaurire l'energia dei promotori del cambiamento. È sufficiente ottenere la partecipazione attiva del ristretto gruppo di persone necessarie a realizzare le prime iniziative e a ottenere i primi risultati, da rendere visibili al resto dell’organizzazione. Questo favorirà l’adesione al piano di una massa critica di persone, sufficiente a realizzare le iniziative successive.
Conclusioni
Ogni giorno di permanenza in uno stato di inerzia ha un costo. Può essere stimato in termini di perdita di ricavi, costi di esclusione da mercati, declino della reputazione, turnover del personale, opportunità di crescita mancate. Ma soprattutto, l'inerzia mette a rischio la sopravvivenza stessa dell'organizzazione.
Superare l’inerzia quando una crisi lo impone è un gioco ad altissimo rischio. In quei momenti, l’organizzazione dispone di risorse limitate, il tempo è scarso e la pressione emotiva è altissima. La paura e l’urgenza riducono la lucidità necessaria per analizzare la situazione, assumere decisioni ponderate e attuare con coerenza il cambiamento necessario. In queste condizioni, anche una piccola perturbazione può avere conseguenze irreversibili.
Agire prima che si presenti una crisi, invece, significa affrontare il cambiamento con margini di manovra, energia e serenità sufficienti per costruire strategie efficaci e realizzarle con tattiche adeguate.
La buona notizia è che superare l'inerzia è possibile, ma richiede coraggio: il coraggio di fissare un obiettivo che oggi appare impossibile, di mettere in discussione ciò che ha funzionato in passato, di concentrare lo sforzo organizzativo su ciò che permette di progredire verso l’obiettivo.
Se l’organizzazione presenta almeno un sintomo tra quelli elencati in precedenza, il momento migliore per decidere di superare l’inerzia è ora.