Le 4 Leve Gestionali - Perché Gestire un’Organizzazione Può (e Deve) Essere Semplice

Le 4 Leve Gestionali - Perché Gestire un’Organizzazione Può (e Deve) Essere Semplice


“La semplicità è il risultato finale di un lungo e duro lavoro, non il punto di partenza.”

Frederick William Maitland

Perché è così difficile gestire un’organizzazione?

La gestione di un’organizzazione appare oggi come un compito impegnativo e complesso. Le ragioni che contribuiscono a rendere questa sfida particolarmente ardua possono essere ricondotte a tre categorie:

  • Asimmetria delle opzioni disponibili. Il numero di possibili opzioni sulle modalità di gestire un’organizzazione è illimitato. Tuttavia, poche di queste opzioni determinano esiti positivi, mentre la stragrande maggioranza porta a esiti fallimentari. Pertanto, la probabilità di incorrere in scelte sbagliate è molto superiore a quella di assumere decisioni corrette. Inoltre, spesso le scelte corrette sono contro intuitive: lasciarsi guidare semplicemente dall’intuito, dall’esperienza e dalla competenza in molti casi non costituisce il modo migliore per assumere decisioni, data l’inclinazione di ogni essere umano a cadere vittima di bias cognitivi nel processo decisionale.
  • Condizioni al contorno. Un modo per caratterizzare il contesto nel quale le organizzazioni operano utilizza il termine VUCA, acronimo di Volatility (volatilità: misura della velocità e della dimensione del cambiamento), Uncertainty (incertezza: grado con il quale possiamo prevedere il futuro in modo affidabile), Complexity (complessità: numero, varietà e grado di interconnessione dei fattori da considerare) e Ambiguity (ambiguità: carenza di chiarezza su come interpretare gli eventi e le osservazioni). Globalizzazione, sfide ambientali e sociali, crescente complessità normativa, rapida innovazione tecnologica, sono modi con i quali le condizioni VUCA si declinano nello scenario attuale. A tutto questo si aggiunge l’apparizione sempre più frequente di Cigni Neri, ossia di eventi imprevedibili su vasta scala, che possono avere un impatto determinante sulla possibilità di un’organizzazione di sopravvivere e prosperare.
  • Fattore umano. Le organizzazioni sono costituite da persone e il loro successo è legato alle decisioni e ai comportamenti di queste ultime. La necessità di promuovere l’impegno, la comunicazione, la collaborazione, la sincronizzazione degli sforzi, in considerazione dell’evoluzione del mondo del lavoro, delle aspettative e della consapevolezza delle persone, impone nuove sfide alle parti interessate alla gestione delle organizzazioni.

Si comprende come l’effetto combinato di questi fattori e l’accelerazione alla quale si manifestano i cambiamenti esercitino una forte pressione su coloro che hanno la responsabilità di assicurare la sopravvivenza e la prosperità di un’organizzazione.

Una possibile soluzione: nascita e declino del modello meccanico

Alla ricerca di soluzioni al difficile problema di promuovere il successo delle organizzazioni, l’osservazione della realtà ha portato l’uomo a rivolgere l’attenzione al settore di attività che, dalla sua nascita, si è distinto da tutti gli altri per i progressi realizzati: la conoscenza scientifica e le sue applicazioni.

I risultati positivi ottenuti applicando l’approccio razionale, che caratterizza il metodo scientifico, alla gestione delle organizzazioni, ha indotto progressivamente a perseguire un modello ideale nella progettazione organizzativa: il modello meccanico.

L’idea, in sintesi, è questa: se si progetta e si costruisce un’organizzazione nello stesso modo in cui si realizza una macchina, definendone chiaramente e rigidamente le procedure e i meccanismi operativi, allora sarà possibile controllarne il funzionamento, agendo su leve e pulsanti di comando appositamente predisposti. In queste condizioni, i risultati saranno predeterminati e prevedibili.

I successi ottenuti mediante l’organizzazione tecnico-scientifica del lavoro, nata nei primi anni del secolo scorso grazie soprattutto all’opera di Frederick Taylor, sembravano dimostrare la correttezza dell’approccio adottato e l’efficacia del modello di riferimento.

L’illusione è durata solo pochi decenni. A partire dagli anni ’80 del XX secolo e in misura maggiore negli ultimi due decenni, l’accelerazione dei cambiamenti e l’interdipendenza tra le tre categorie di fattori elencate precedentemente hanno indotto a dubitare dell’adeguatezza del modello meccanico a favorire un adattamento delle organizzazioni a un contesto in continua e rapida evoluzione.

È difficile, però, abbandonare un modello di riferimento che, almeno in teoria, risponde bene all’esigenza di controllo e prevedibilità nella gestione di un’organizzazione. Così, anziché sostituire il modello, si è preferito cercare modi per sostenerlo, introducendo modifiche in grado di compensarne i limiti in considerazione dei cambiamenti in atto.

Le due soluzioni adottate vengono presentate di seguito come alternative al fine di illustrarne l’essenza. Nelle organizzazioni reali, invece, se ne registra spesso la presenza simultanea, con diversi gradi di applicazione e di integrazione.

La prima alternativa: SEMPLIFICAZIONE

La risposta più naturale al bisogno di governare un sistema complesso, come un’organizzazione, consiste nel semplificarlo, suddividendolo in sottosistemi, da gestire in modo autonomo.

Questo approccio si basa su due assunti:

  1. “La gestione di un sottosistema è più semplice della gestione del sistema, di cui il sottosistema è parte.”
  2. “Il risultato globale del sistema è uguale alla somma dei risultati dei sottosistemi.”

La manifestazione concreta di questo modo di supportare il modello meccanico si registra nella suddivisione delle organizzazioni in parti (dipartimenti, business units, reparti, uffici, aree funzionali), nell’assegnazione di obiettivi specifici a ogni parte, nella definizione di indicatori di prestazione considerati significativi e nella micro gestione, finalizzata a mantenere il controllo continuo delle variabili rilevanti.

Questa semplificazione, tuttavia, altera l’essenza stessa di un’organizzazione, che consiste nell’essere un sistema di parti interagenti e interdipendenti. Le iniziative finalizzate a perseguire l’obiettivo di una parte dell’organizzazione propagano i propri effetti su altre parti, con un impatto globale difficile da prevedere e spesso lontano dalle aspettative. A questo si aggiunge la dispersione delle risorse disponibili, la nascita di potenziali conflitti tra diverse iniziative e l’alimentazione della mentalità funzionale (ogni area/ufficio/dipartimento cerca di perseguire i propri obiettivi, talvolta a scapito delle prestazioni globali dell’organizzazione).

Alla luce delle conseguenze di una semplificazione forzata, ottenuta considerando un’organizzazione come la somma delle parti che la costituiscono, non resta che cercare una soluzione che consideri un aspetto comune e ineliminabile di ogni organizzazione: la sua natura sistemica.

La seconda alternativa: SOFISTICAZIONE

“Ogni problema complesso può essere risolto solo mediante una soluzione complessa.”

Questa è la convinzione che spinge imprenditori e manager ad affrontare la crescente complessità e incertezza mediante l’adozione di strumenti e metodi sempre più sofisticati e complicati. L’applicazione di modelli organizzativi evoluti, l’introduzione di software basati su algoritmi complessi di pianificazione, controllo e ottimizzazione, l’acquisizione e l’elaborazione di una quantità inimmaginabile di dati, sono modi con i quali questa tendenza si manifesta nelle organizzazioni. L’attrazione esercitata dalla sofisticazione, spesso interpretata come indice di intelligenza, spinge imprenditori e manager a confidare su soluzioni che promettono di favorire una comprensione superiore della realtà e di facilitare l’assunzione di decisioni corrette.

In realtà, le soluzioni complicate raramente producono i risultati attesi.

Oltre a presentare ostacoli operativi, associati alla difficoltà di comprensione delle soluzioni da parte delle persone responsabili per la loro implementazione, esse spesso forniscono una falsa illusione di fare progressi, inducendo a confondere l’accuratezza, la precisione e la cura del dettaglio forniti con la certezza, la prevedibilità e il controllo desiderati.

Il difficile problema della gestione di un’organizzazione nel XXI secolo deve ricevere una risposta semplice e comprensibile, per consentire a imprenditori e manager di mantenere il controllo della situazione. Big Data, Intelligenza Artificiale, Digital Twin, modelli organizzativi evoluti, possono costituire eccellenti strumenti se considerati non come risposte a problemi gestionali, ma come supporti a soluzioni già definite, da impiegare in modo consapevole per migliorare l’efficacia e l’efficienza di tali soluzioni.

Dobbiamo quindi abbandonare il modello meccanico dell’organizzazione?

Dobbiamo rinunciare all’idea che un’organizzazione possa essere gestita efficacemente agendo su pochi organi di controllo, che consentano di dirigerla verso gli obiettivi desiderati, in un contesto VUCA popolato da Cigni Neri, dove le persone giocano un ruolo determinante?

Una nuova possibilità: ritorno alle radici del metodo scientifico

Ogni scienziato è animato dalla convinzione di fondo che dietro l’apparente complessità dei fenomeni naturali si nasconda una straordinaria semplicità. Questa convinzione è espressa molto bene da una frase di I. Newton:

"Natura valde simplex est et sibi consona" (La natura è estremamente semplice e coerente con se stessa).

Da questa convinzione deriva l’essenza stessa di ogni disciplina scientifica, che il fisico francese J. B. Perrin sintetizza in questo modo:

“Lo scopo di tutte le scienze consiste nel sostituire la complessità visibile con la semplicità invisibile.”

Estendere questo concetto dall’indagine sulla natura alla gestione delle organizzazioni significa assumere che dietro l’apparente complessità con la quale percepiamo la realtà si nasconda una notevole semplicità, che può essere evidenziata solo grazie a una profonda comprensione dei fattori essenziali che governano il funzionamento di un’organizzazione e le consentono di perseguire i propri obiettivi.

In altri termini, una gestione efficace non è il risultato di una semplificazione artificiosa e forzata del contesto o di una risposta alle sfide che si presentano basata su soluzioni sofisticate. Al contrario, è l’esito ottenibile dallo sfruttamento di una semplicità che esiste già, ma che deve essere riconosciuta e resa evidente mediante un’approfondita analisi finalizzata a comprendere la porzione di realtà che ci interessa.

Un modo per evidenziare la semplicità che contraddistingue ogni organizzazione consiste nell’identificare i fattori chiave che ne caratterizzano il comportamento e ne determinano l’evoluzione. Essi sono:

  1. L’obiettivo dell’organizzazione.
  2. Le risorse necessarie e sufficienti a conseguire l’obiettivo.
  3. Le regole del gioco (politiche, procedure, meccanismi operativi) con le quali le risorse sono gestite al fine di perseguire l’obiettivo.
  4. Gli indicatori chiave, in grado di fornire un feedback tempestivo sull’andamento delle prestazioni globali, di favorire il rispetto delle regole definite e di costituire un valido supporto per l’assunzione di decisioni corrette.

Questi quattro elementi possono essere considerati le principali leve gestionali, agendo sulle quali è possibile cambiare il comportamento e le prestazioni di un’organizzazione.

Una gestione efficace richiede una comprensione profonda del ruolo di ognuna delle leve e la capacità di combinarne l’azione in modo sincronizzato e sinergico.

Nelle prossime settimane prenderemo in esame ognuna delle quattro leve gestionali, mettendo in evidenza le caratteristiche e la funzione di ognuna di esse e il modo con il quale possono essere impiegate per consentire l’adattamento di un’organizzazione a un contesto continuamente mutevole.

In questo percorso incontreremo soluzioni basate su logica e buon senso, ma talvolta contro intuitive, in grado di favorire il miglioramento continuativo delle prestazioni e l’immunizzazione progressiva delle organizzazioni dall’impatto di situazioni congiunturali negative.

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