L’acquisizione del consenso - Parte prima THEORY OF CONSTRAINTS
1. Introduzione
Una delle principali difficoltà che si incontrano nella gestione dei progetti di cambiamento deriva dal fatto che le persone hanno la capacità e la libertà di decidere il comportamento da adottare in qualsiasi circostanza. Poiché il comportamento che le persone interessate assumono nella fase esecutiva di un progetto di cambiamento determina il successo o l’insuccesso dell’iniziativa, il rischio di fallimento risulta rilevante, data l’apparente imprevedibilità delle reazioni concrete con le quali le parti interessate accoglieranno la proposta.
La conferma di questa criticità è fornita dai risultati degli studi condotti negli ultimi venti anni sui progetti di miglioramento, che mettono in evidenza un tasso di insuccesso superiore al 70%, attribuibile nella maggior parte dei casi a varie forme di resistenza al cambiamento.In realtà, il comportamento umano segue modelli ripetitivi, che lo rendono in qualche modo prevedibile e parzialmente condizionabile. I progressi della psicologia hanno consentito di evidenziare schemi logici in grado di spiegare anche comportamenti che sembrano sfuggire a ogni inquadramento razionale.
L’impiego dei risultati di questi studi nei processi di cambiamento non sembra tuttavia avere avuto un impatto significativo sulla riduzione dei fenomeni di resistenza.
L’articolo di propone di dimostrare come sia possibile, mediante l’uso della logica e la conoscenza del comportamento individuale e organizzativo, favorire l’acquisizione del consenso delle parti interessate al cambiamento, che costituisce una condizione necessaria per il successo di qualsiasi iniziativa destinata a modificare lo status quo.
2. La fattibilità del cambiamento
Qualsiasi progetto di cambiamento deve essere sottoposto a una verifica di fattibilità prima di arrivare all’approvazione finale, che precede l’avvio della fase esecutiva. Nelle organizzazioni la fattibilità si articola essenzialmente in tre componenti:
- fattibilità tecnica (disponibilità delle competenze e dell’hardware necessari a realizzare il cambiamento);
- fattibilità economica (disponibilità o possibilità di accesso alle risorse finanziarie necessarie);
- fattibilità politica (possibilità di acquisire il consenso delle parti interessate al cambiamento).
Esiste uno stretto legame fra queste componenti: la fattibilità tecnica dipende spesso da aspetti di carattere economico, che a loro volta dipendono dalle scelte tecniche sulle quali si basa il cambiamento. Quando la fattibilità tecnica ed economica dipendono dai comportamenti delle persone, la fattibilità politica assume un ruolo fondamentale nel condizionare il risultato dell’iniziativa.
Pur essendo noto che la mancanza di uno solo di questi elementi è sufficiente a determinare il fallimento del progetto, nelle organizzazioni si tende a produrre il massimo sforzo per assicurare la fattibilità tecnica ed economica, mentre la fattibilità politica è raramente oggetto di un’attenta analisi e di una pianificazione che ne favorisca il conseguimento. La comunicazione di tutti gli aspetti rilevanti del progetto di cambiamento (obiettivi, fasi, procedure, responsabilità, tempi), utilizzando gli strumenti e i metodi più appropriati all’organizzazione interessata, non sembra produrre l’auspicato allineamento e orientamento dei comportamenti delle persone nella direzione desiderata. Al contrario, una migliore conoscenza dei dettagli sembra talvolta fornire alle persone gli strumenti per manifestare e sostenere quella che appare come la più naturale reazione a una proposta di cambiamento: la resistenza.
3. La resistenza "razionale" al cambiamento
Nonostante la maggior parte dei manager affermi che la resistenza al cambiamento costituisce la principale causa di fallimento dei progetti di miglioramento, è innegabile che questa reazione presenti anche notevoli vantaggi: se le persone, in tutte le aree aziendali e a tutti i livelli della gerarchia, aderissero con convinzione a ogni proposta, nelle organizzazione regnerebbe un assoluto caos.
Il problema nasce quando le persone manifestano comportamenti di opposizione a proposte che presentano indubbi vantaggi per l’organizzazione di cui fanno parte. Questi comportamenti, apparentemente patologici dal punto di vista organizzativo, sono considerati istintivi, frutto di un processo evolutivo che vede nel cambiamento una potenziale minaccia alla sopravvivenza dell’individuo e della specie umana.
L’osservazione della realtà non consente tuttavia di sostenere l’ipotesi in base alla quale la resistenza al cambiamento costituisce una caratteristica congenita del genere umano. Cambiamenti importanti quali il matrimonio (o la separazione), la generazione di figli, lo spostamento della residenza della propria famiglia, l’abbandono di un posto di lavoro, sono spesso il frutto di una decisione consapevole, che non potrebbe avvenire con la frequenza osservata se il genere umano si opponesse per sua natura al cambiamento.
Un’ipotesi più corretta consiste nell’affermare che le persone giudicano le proposte di cambiamento: qualora giungano alla conclusione che esse avranno un impatto negativo su di loro, la prevedibile reazione sarà un comportamento teso a prevenire o a ridurre tale impatto. La resistenza al cambiamento costituisce l’interpretazione, nel contesto organizzativo, di un comportamento naturale di autodifesa che un individuo adotta quando percepisce una minaccia presente o futura.
Il comportamento umano nelle organizzazioni è guidato dalla necessità di soddisfare dei bisogni. I lavori di Maslow1, Herzberg2, McClelland3, Goldratt (Efrat)4, forniscono una spiegazione razionale dei comportamenti in base ai benefici derivanti dalla soddisfazione di bisogni concreti e di bisogni psicologici. In quest’ultima categoria ricadono i bisogni di sicurezza, di soddisfazione, di status e di autorità5.
Ciò che rappresenta un miglioramento per una persona (ad esempio, la persona che promuove o impone un cambiamento) è percepito semplicemente come una modifica dello status quo per un’altra (in genere, per tutte le persone coinvolte attivamente nelle iniziative di cambiamento). Mentre un miglioramento è sempre percepito come positivo, un cambiamento non lo è fino a quando non se ne comprendono i benefici.
In genere si tende a presentare alle parti interessate i benefici per l’organizzazione derivanti dall’iniziativa proposta. Ma fino a quando non si raggiunga la condizione nella quale tutte le parti interessate al cambiamento percepiscano chiaramente i vantaggi personali derivanti dall’iniziativa, questa sarà percepita semplicemente come un cambiamento.
Una proposta di cambiamento che minaccia di compromettere la soddisfazione di bisogni concreti dà origine a una resistenza attiva ed esplicita, in particolare quando la minaccia rischia di ripercuotersi negativamente sulle prestazioni globali dell’organizzazione. In genere questo comportamento si manifesta mediante l’esposizione delle ragioni per le quali il cambiamento non è realizzabile o è destinato a produrre effetti negativi sull’organizzazione e sulle persone interessate dall’iniziativa.
La Theory of Constraints dispone di strumenti e metodi efficaci per affrontare questa resistenza “razionale” al cambiamento. L’uso dei Thinking Processes nella pianificazione del cambiamento consente di prevedere l’insorgere dei possibili livelli di resistenza attiva e di definire le misure necessarie a rimuoverne preventivamente le cause. Nella tabella seguente sono riportati i livelli di resistenza razionale al cambiamento e gli strumenti utilizzati nel processo finalizzato al loro superamento.
Livelli di resistenza | Strumenti |
0. Disaccordo sull’esistenza di un problema (sulla necessità di cambiare) | Elenco UDEs (UnDesirable Effects, Effetti Indesiderati) |
1. Disaccordo sul problema | Albero della Realtà Attuale, Diagramma di Risoluzione del Conflitto |
2. Disaccordo sulla direzione della soluzione | Diagramma di Risoluzione del Conflitto (risolto) |
3. Disaccordo sul fatto che la soluzione risolva l’intero problema | Albero della Realtà Futura |
4. “Si, ma…” . Esistenza di effetti negativi conseguenti alla realizzazione della soluzione | Albero delle Ramificazioni Negative |
5. “Si, ma…” . Esistenza di ostacoli che impediscono la soluzione | Albero dei Prerequisiti, Albero di Transizione |
6. Paura non verbalizzata | - |
Tuttavia, proprio l’efficacia del processo di superamento dei livelli di resistenza razionale è all’origine del fenomeno che più di ogni altro può determinare il fallimento di un progetto di cambiamento: la resistenza passiva.
4. La resistenza passiva
Supponiamo che una persona autorevole abbia proposto un’iniziativa finalizzata a migliorare sensibilmente le prestazioni dell’organizzazione. In base alle informazioni ricevute, le persone valuteranno l’impatto previsto del cambiamento proposto sulla loro personale condizione, con particolare riferimento ai rischi e alle opportunità associate ai mutamenti indicati o immaginabili: nuove procedure, nuovo assetto organizzativo, nuovi criteri di valutazione delle prestazioni, nuovi equilibri di potere, ecc.. Qualora l’esito di questa valutazione faccia emergere minacce all’attuale gradi di soddisfazione di bisogni psicologici, le persone attueranno una linea di difesa che si manifesterà apertamente sotto forma di obiezioni razionali alla fattibilità tecnica ed economica dell’iniziativa proposta. Il processo di superamento dei vari livelli di resistenza razionale al cambiamento consentirà di eliminare la linea di difesa, ma lascerà invariate le ragioni che ne avevano determinato la creazione. Poiché non risulta politicamente accettabile evidenziare motivazioni di carattere personale come ragioni per opporsi a un cambiamento destinato a generare benefici significativi per l’organizzazione, alle persone, messe all’angolo dalla logica, non resterà che affossare l’iniziativa mediante l’adozione di un atteggiamento di resistenza passiva6.
(Continua nella seconda parte)