Le Parole del Management - 20. Decisioni – Parte terza

Le Parole del Management - 20. Decisioni – Parte terza


La nostra vita è la somma delle nostre scelte.

Albert Camus

Come deve essere strutturato un processo decisionale, in considerazione dei criteri da soddisfare e dei fattori oggettivi e soggettivi che possono condizionarne ogni fase?

Uno dei fattori oggettivi che caratterizzano il contesto nel quale operiamo è costituito da una crescente velocità alla quale avvengono i cambiamenti. Questo fattore, tuttavia, non deve necessariamente ripercuotersi in un incremento della velocità con la quale vengono assunte le decisioni. Un tentativo di incrementare la velocità del processo decisionale può infatti portare a un aumento della pressione su coloro che devono condurre il processo. Mentre la pressione può favorire un incremento della produttività nei lavori ripetitivi, il suo impatto sulle attività che, come l’assunzione di decisioni, richiedono l’uso della razionalità, è sempre negativo.

Pertanto, al fine di assicurare al processo decisionale un tempo adeguato a evitare una pressione eccessiva, è necessario che:

  • il numero di decisioni da assumere sia ridotto al minimo possibile;
  • il processo sia avviato con il giusto anticipo rispetto al momento nel quale la decisione dovrà essere attuata, né con troppo anticipo, né in ritardo;
  • il processo segua uno schema predefinito, che consenta di prevenire errori evitabili, tenendo conto dei criteri da soddisfare e dei fattori soggettivi e oggettivi da considerare.

La differenza tra le persone che assumono regolarmente buone decisioni e coloro che commettono errori nel processo decisionale risiede nel fatto che le prime dispongono di validi strumenti di supporto e applicano un processo strutturato efficace.

Vediamo quali sono le fasi di un processo decisionale razionale.

  1. Definire l’obiettivo. Il punto di partenza di ogni processo decisionale consiste nel definire chiaramente le ragioni che inducono a dover assumere una decisione. Una chiara definizione dell’obiettivo consente anche di verificare che si stanno investendo correttamente le limitate risorse a disposizione (con particolare riferimento al tempo).
  2. Definire il problema. Questa fase prevede la formulazione di una risposta alla domanda: “Che cosa impedisce di conseguire l’obiettivo?”. In un’organizzazione, spesso la risposta a questa domanda richiede un’analisi tesa a trovare il problema centrale, ossia la causa primaria di vari effetti indesiderati presenti nella situazione problematica. Tale problema, a sua volta, può essere tradotto in un conflitto, la cui presenza ostacola qualsiasi progresso verso l’obiettivo.
  3. Identificare le condizioni necessarie e i criteri. In genere, ogni decisione importante richiede che si prendano in considerazione diverse variabili oltre a quella associata all’obiettivo. Questo comporta l’esigenza di definire le condizioni necessarie che la decisione dovrà soddisfare nel tentativo di perseguire l’obiettivo. Oltre a queste, devono essere definiti i criteri, generali e specifici, che ogni fase del processo decisionale deve considerare per massimizzare la probabilità di conseguire il risultato atteso. Condizioni necessarie e criteri costituiscono i confini entro i quali dovrà essere effettuata la scelta tra le varie opzioni possibili.
  4. Raccogliere ed elaborare le informazioni rilevanti. Ogni decisione è destinata a generare un impatto su un determinato contesto: pertanto, il punto di partenza deve essere un’attenta considerazione delle condizioni iniziali, basata su dati che rispondono a domande precise, specifiche della situazione in esame.
  5. Definire la soluzione/Identificare le alternative. Questa fase prevede la definizione dei possibili scenari che emergono dall’introduzione di nuove iniziative nella situazione di partenza. Una delle alternative da esaminare è sempre costituita dal mantenimento dello status quo: in questo caso si deve esaminare l’effetto combinato, sul sistema in esame e sull’obiettivo, della decisione di non cambiare e dei prevedibili cambiamenti nel contesto circostante.
  6. Analizzare la soluzione/le alternative. Dopo avere sottoposto ogni alternativa al filtro costituito dalle condizioni necessarie e dai criteri, il potenziale impatto di ogni opzione rimasta viene valutato, in termini qualitativi e quantitativi. Poiché l’incertezza rende vano ogni tentativo di fare previsioni accurate, anziché cercare di prevedere il corso degli eventi è opportuno considerare la possibilità che si verifichino i due scenari estremi (scenario ragionevolmente ottimistico e scenario conservativo o ragionevolmente pessimistico), al fine di poter applicare, nella successiva fase di selezione, la regola aurea del processo decisionale: assumere decisioni con asimmetria positiva ed evitare di assumere decisioni con asimmetria negativa. Inoltre, è opportuno che ogni riserva avanzata da persone interessate dalla decisione (ostacoli all’implementazione o potenziali effetti collaterali negativi) sia attentamente valutata, allo scopo di definire in anticipo misure tese a superare gli ostacoli e a prevenire conseguenze negative.
  7. Selezionare la migliore alternativa. La selezione tra le opzioni analizzate viene effettuata in base all’impatto globale delle stesse e alla possibilità di proteggere il sistema dai danni che si verificherebbero qualora si manifestasse lo scenario più negativo. In questa fase è opportuno identificare chiaramente gli assunti che giustificano la razionalità e la correttezza della decisione assunta, al fine di poter rilevare prontamente i cambiamenti significativi nel contesto ed eventualmente intervenire con adeguate azioni correttive. Questo permetterà anche una corretta valutazione della decisione a posteriori, permettendo di capitalizzare le conoscenze acquisite dall’analisi dei divari tra i risultati attesi e quelli reali, e di prevenire l’eventuale biasimo del responsabile della decisione, basato sulla distorsione retrospettiva.
  8. Definizione del piano esecutivo. Un efficace processo decisionale, realizzato in condizioni complesse e incerte, deve tenere conto della possibilità che anche la migliore decisione possibile possa rivelarsi sbagliata, per effetto di cambiamenti in grado di invalidare assunti rilevanti e/o per la presenza di cause di rilevanza ignota nel momento in cui la decisione è stata assunta. Per questo è opportuno che il piano esecutivo preveda rapide e frequenti verifiche sul compimento di reali progressi verso l’obiettivo, basate su indicatori appositamente selezionati, in particolare quando si prevede debba trascorrere molto tempo dall’assunzione della decisione alla verifica degli esiti finali.

Con la definizione del piano esecutivo termina il processo decisionale. Tuttavia, affinché la decisione produca i risultati attesi, è necessaria una partecipazione attiva alla sua traduzione in pratica da parte delle persone direttamente o indirettamente interessate dalla realizzazione del piano esecutivo e dal suo impatto. Questo comporta l’attivazione di un processo di acquisizione del consenso, che non si limiti a prevenire fenomeni di resistenza al cambiamento, ma induca le persone interessate a impegnarsi per superare le difficoltà che ogni cambiamento significativo comporta.

La disponibilità di un processo strutturato per l’assunzione di decisioni razionali consente a un’organizzazione di ridefinire la responsabilità di coloro che devono assumere decisioni importanti: il decisore non è chiamato a rispondere dei risultati, ma della corretta applicazione di un processo definito, comprendente l’identificazione dei segnali della necessità di effettuare cambiamenti in fase esecutiva. Questo approccio, oltre a ridurre la pressione che grava su chi, per il ruolo che riveste, è chiamato ad assumere decisioni con un impatto potenziale elevato, costituisce anche un modo razionale e rispettoso di valutare una decisione in contesti complessi e incerti.

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