Le Parole del Management - 6. Problema

Le Parole del Management - 6. Problema


"Se avessi solo un'ora per salvare il mondo, dedicherei 55 minuti alla definizione del problema e 5 minuti a trovare la soluzione". 

Albert Einstein 

Nel gergo comune, un problema può essere definito come una situazione caratterizzata da due elementi:
  • stato di insoddisfazione, determinato dal divario tra la condizione reale e quella desiderata o semplicemente da un disagio;
  • determinazione a impiegare risorse (tempo, denaro) per rimuovere o almeno ridurre lo stato di insoddisfazione. Se non sussiste la determinazione a operare in questo senso, anziché di problema si deve piuttosto parlare di semplice fastidio.

Nell'impegno continuo per perseguire i propri obiettivi, le organizzazioni incontrano quotidianamente sulla loro strada delle limitazioni, che possono assumere la forma di un ostacolo, di un vincolo o di un problema. 

Un ostacolo è qualcosa che blocca o impedisce il verificarsi di una condizione o di un'azione desiderata, che può essere rimosso o superato. Il management ha la responsabilità di creare le condizioni affinché gli ostacoli (ad esempio, la mancanza di un'autorizzazione o di un'approvazione necessaria) siano rimossi o superati in tempo utile a prevenire il rallentamento o il blocco del flusso operativo.

Un vincolo è un fattore che limita la possibilità dell’organizzazione di ottenere il proprio obiettivo in misura maggiore, ma che non può essere immediatamente rimosso. In un precedente post abbiamo visto come un vincolo, opportunamente identificato e governato in modo consapevole, può trasformarsi in una potente leva gestionale, mediante la quale un'organizzazione può ottenere risultati rapidi, importanti e continuativi nel tempo.

In un'organizzazione un problema ha origine dal divario tra la situazione reale e l'obiettivo e/o le condizioni necessarie per il suo conseguimento. Se l'obiettivo non è chiaro e condiviso, l'organizzazione corre il rischio di impegnare le proprie risorse in iniziative con fini disallineati e talvolta in conflitto tra loro, pregiudicando così le prestazioni globali.

La definizione e la condivisione dell'obiettivo, tuttavia, non sono sufficienti ad assicurare l'efficacia del processo di risoluzione dei problemi.

Il modo comune di affrontare i problemi nelle organizzazioni consiste nel prenderli in esame singolarmente, limitandone il più possibile i confini. La suddivisione delle organizzazioni in aree e reparti, con il conseguente sviluppo di una mentalità settoriale, rafforza questa tendenza. Se un problema appare troppo complesso e articolato per essere affrontato direttamente, si cerca di suddividerlo in parti più facilmente affrontabili, in base all’assunto che la risoluzione dei sottoproblemi porterà alla risoluzione del problema nel suo complesso.

Questo modo di agire raramente porta alla risoluzione definitiva dei problemi, che si ripresentano dopo qualche tempo; al contrario, il risultato che si osserva consiste spesso nella comparsa di effetti collaterali negativi, che possono determinare in definitiva un peggioramento della situazione iniziale.

Perché accade questo?

Un’impresa non è la somma delle sue parti, ma un sistema dove le parti sono fra loro interdipendenti. Questo è ciò che induce a percepire le organizzazioni come sistemi complessi. Abbiamo visto, trattando il tema della complessità, che un'organizzazione apparentemente complessa da descrivere per l'elevato numero di interconnessioni, in realtà, dal punto di vista gestionale, risulta intrinsecamente semplice, grazie al limitato numero di punti sui quali è necessario agire per generare il cambiamento desiderato.

Una cosa che può apparire sorprendente per chi percepisce il proprio contesto come governato da una notevole complessità è il fatto che se si effettua un'analisi approfondita dei legami di causa-effetto di un certo numero di problemi apparentemente scollegati, si trova che le relazioni causali tendono a convergere in pochi punti, spesso uno solo. Si tratta del "problema centrale", una causa primaria responsabile della maggior parte dei problemi che si manifestano in un'organizzazione.

Pertanto, così come i sintomi di una malattia sono gli effetti visibili che ci inducono a ricercare la patologia che li ha originati, i diversi problemi importanti che si rilevano nelle varie aree di un'organizzazione sono solo effetti indesiderati (UnDesirable Effects, UDEs) di una causa primaria, alla quale sono collegati da relazioni causali definite. Le soluzioni dei vari problemi sono assimilabili ai rimedi sintomatici: possono produrre un sollievo temporaneo, ma produrranno anche effetti collaterali e non impediranno ai sintomi di ripresentarsi in futuro. Solo l’identificazione e la rimozione della causa primaria può consentire la completa e definitiva risoluzione dei problemi, così come la terapia che affronta una malattia determina la scomparsa dei sintomi.

Il modo tradizionale di affrontare i problemi genera due effetti negativi:
  1. innanzitutto, l'impatto delle soluzioni sulle prestazioni globali dell'organizzazione è spesso irrilevante o negativo, alimentando la frustrazione per l'inefficacia degli sforzi prodotti nel rimuovere definitivamente gli UDEs;
  2. in secondo luogo, ma primo in ordine di importanza, assorbe risorse e tempo, che dovrebbero essere impiegati nella rimozione del problema che blocca o limita il miglioramento delle prestazioni.

Queste considerazioni ci portano a una conclusione apparentemente paradossale, in linea con il buon senso, ma contraria alla pratica comune: è molto meglio (più semplice, più efficace) affrontare simultaneamente i problemi importanti di un'organizzazione, piuttosto che affrontarli singolarmente.

Ma come si può trovare il problema centrale di un’organizzazione, conoscendo gli effetti indesiderati che si manifestano nelle diverse aree aziendali?
Come si può verbalizzare il problema centrale in modo da facilitare l’individuazione della soluzione?

Per rispondere efficacemente a queste domande sono stati sviluppati degli strumenti, i Thinking Processes o Thinking Process Tools. In particolare, l'Albero della Realtà Attuale (Current Reality Tree, CRT) è lo strumento che consente di individuare e visualizzare le relazioni causa-effetto esistenti in una determinata situazione problematica, permettendo di collegare gli effetti indesiderati al problema centrale dal quale hanno origine.

La costruzione di un Albero della Realtà Attuale può richiedere da poche ore ad alcuni giorni. Un ottimo investimento, se si pensa ai problemi importanti, talvolta cronici, che affliggono le organizzazioni, producono danni economici, alimentano lo stress organizzativo, limitano il potenziale di miglioramento delle prestazioni e mettono a rischio la sopravvivenza stessa delle organizzazioni, qualora si verifichino eventi imprevedibili di grande impatto.

Quando si analizza la situazione problematica di un'organizzazione, si scopre spesso che il problema centrale è costituito da una politica aziendale, ossia da una linea guida che condiziona le strategie e i meccanismi operativi in atto nell'organizzazione. Esempi di politiche sono il perseguimento dell'efficienza in ogni area, la centralizzazione (o la decentralizzazione) dei servizi di supporto, la ricerca del bilanciamento della capacità produttiva. In questi casi, la soluzione del problema sembra essere costituita dall'eliminazione della politica individuata o dalla sua sostituzione con una politica opposta: cessare di perseguire l'efficienza ovunque, decentralizzazione (o centralizzazione) dei servizi di supporto, sbilanciamento della capacità produttiva.

Soluzione intuitiva, ma sbagliata.

La semplice eliminazione o sostituzione di una politica darebbe origine molto probabilmente a un insieme di effetti indesiderati, che costituiscono la ragione per la quale la politica era stata introdotta originariamente. Pertanto, la soluzione causerebbe il passaggio da un insieme di UDEs a un altro insieme di UDEs.

Sembra che ci troviamo di fronte a un conflitto....

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