Vittima o Giocatore? La Scelta Essenziale

Vittima o Giocatore? La Scelta Essenziale


Un uomo è fatto di scelte e delle circostanze. Nessuno ha potere sulle circostanze, ma ognuno ne ha sulle sue scelte.

Eric-Emmanuel Schmitt

"Le vendite sono diminuite perché il mercato ha subito una contrazione". Sembra un'affermazione di validità indiscutibile, in quanto evidenzia una relazione causa-effetto che si può facilmente riscontrare nella realtà.

Confrontiamola con la seguente affermazione: "Non siamo riusciti a incrementare le vendite in presenza di una contrazione del mercato". Qual é la differenza? Mentre nel primo caso il risultato (diminuzione delle vendite) appare come l'inevitabile conseguenza di una situazione incontrollabile, nel secondo caso la sua causa viene attribuita all'incapacità di rispondere efficacemente a una situazione oggettiva (contrazione del mercato).

Ogni problema ha molte cause. Se usciamo a piedi all'aperto in una giornata piovosa e ci bagniamo completamente, il risultato può essere attribuito a varie cause: 1) piove, 2) non abbiamo preso l'ombrello, 3) non abbiamo seguito un percorso coperto, o semplicemente 4) abbiamo deciso di uscire di casa sotto la pioggia. Queste cause possono essere suddivise in due categorie: la prima, che include "piove", è costituita dalle cause al di fuori del nostro controllo; la seconda, che include le altre, rappresenta le cause sulle quali possiamo esercitare il nostro controllo o almeno la nostra influenza per determinare l'effetto finale.

Fred Kofman, nel suo libro "Conscious Business", descrive gli atteggiamenti che si possono assumere di fronte a un problema o, più in generale, a una sfida, utilizzando due archetipi: la vittima e il giocatore.

La vittima concentra la propria attenzione sui fattori che non è in grado di controllare. Tutto ciò che le succede è il risultato di una sequenza di eventi sui quali non ha nessuna possibilità di esercitare la propria influenza e quindi nessuna responsabilità. La costante ricerca finalizzata a proteggere la propria immagine la porta a distaccarsi il più possibile dal problema, spesso cercando di attribuirne la colpa ad altri. In caso di fallimento, la vittima afferma: "Le circostanze esterne hanno determinato il fallimento". In questo modo la vittima sceglie di assumere il ruolo di semplice spettatore impotente di eventi dominati da fattori incontrollabili e di rinunciare di fatto ad essere attore del proprio destino. La lamentela e il biasimo sono caratteri distintivi di questo atteggiamento.

vittima giocatoreIl giocatore, invece, focalizza l'attenzione sui fattori sui quali è in grado di esercitare il controllo o almeno una certa influenza, limitandosi a considerare i fattori oggettivi incontrollabili come semplici informazioni. Nella logica del giocatore, per conseguire un obiettivo, è necessario considerare l'esistenza di fattori esterni incontrollabili, ma si deve concentrare il proprio impegno su ciò che può essere influenzato al fine di fare progressi verso l'obiettivo, e sulle azioni da intraprendere per rispondere adeguatamente alle condizioni che non possono essere controllate.

Essere un giocatore non significa non fallire mai e non provare frustrazione a seguito di un fallimento: variabilità, incertezza e complessità condizionano pesantemente il risultato delle nostre decisioni e delle nostre azioni, che spesso risulta in buona parte determinato da fattori esterni alla nostra sfera di controllo. A differenza della vittima, tuttavia, il giocatore cerca di individuare il proprio ruolo nel fallimento, interrogandosi sui propri possibili errori di commissione (ciò che ha fatto e non avrebbe dovuto fare) e sui possibili errori di omissione (ciò che non ha fatto e avrebbe potuto fare). Avere un ruolo nel problema significa molto probabilmente poter esercitare un ruolo attivo nella soluzione. L'inclusione tra le cause di un fallimento di tutto ciò che non è stato fatto e avrebbe potuto evitare/prevenire il fallimento o almeno limitarne i danni, consente di ampliare la gamma delle possibilità tra le quali scegliere quella da adottare in futuro, al fine di prevenire il ripetersi dell'evento. La reazione del giocatore al fallimento è: "Ho fallito perché non ho saputo rispondere efficacemente alle circostanze esterne".

La responsabilità, nel senso etimologico del termine, significa capacità di fornire una risposta adeguata a una determinata circostanza. Si può affermare che la responsabilità, guidata dalla volontà e supportata dalla razionalità, è la massima espressione della libertà dell'uomo.

Kofman parla di responsabilità incondizionata, per definire la scelta di un particolare atteggiamento da assumere di fronte a una sfida: l'atteggiamento del giocatore, ossia di colui che accetta di "mettersi in gioco" per accrescere il proprio potere di influenzare il proprio destino.

Adottare l'atteggiamento del giocatore ha un prezzo, soprattutto nei contesti nei quali il comportamento della vittima viene giustificato e premiato. L'assunzione della responsabilità di una situazione negativa, seppure con l'intenzione di correggerla e di limitarne gli effetti, rischia di mettere in cattiva luce l'audace giocatore, al contrario di ciò che avviene per l'innocente vittima, le cui scuse la pongono in una posizione al di sopra di ogni sospetto. In questi contesti, spesso caratterizzati dalla ricerca di un "colpevole", comportarsi da giocatore può mettere in pericolo la propria carriera e perfino il proprio posto di lavoro.

Essere vittima o essere giocatore è essenzialmente una questione di scelta. Si tratta infatti di decidere se accettare passivamente ciò che accade, limitandosi ad analizzarlo a posteriori in modo interessato, oppure assumere un ruolo attivo nel determinare gli eventi futuri, sapendo che questo comporta:

  1. l'onestà intellettuale di ammettere, anzi, di ricercare, il proprio ruolo in un fallimento o in una situazione problematica;
  2. la fatica della ricerca delle migliori opportunità, da individuare tra le numerose possibilità, che ogni situazione offre, di generare un impatto favorevole;
  3. la totale rinuncia a due atteggiamenti molto comuni: lamentarsi delle circostanze e biasimare le persone (incluso se stessi).

In un'organizzazione la presenza di una massa critica di persone disposte a "mettersi in gioco" può creare un effetto sinergico, in grado di incrementare sensibilmente la capacità di conseguire obiettivi ambiziosi, la velocità dei flussi, il livello di fiducia e la possibilità di costruire, capitalizzare e sostenere vantaggi competitivi decisivi. Perché questa massa critica si formi e si mantenga, è necessario che sia sostenuta da politiche e comportamenti coerenti da parte del management, che accettino il fallimento come inevitabile effetto collaterale di un processo di crescita, incoraggino l'assunzione di rischi limitati (se finalizzati a conseguire un miglioramento significativo) e si dimostrino poco tolleranti nei confronti di chi, di fronte a una sfida, appare più interessato a proteggere la propria posizione che a contribuire al successo dell'organizzazione.

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