La Strategia della Semplicità

La Strategia della Semplicità


Perché una strategia complessa non produce i risultati attesi e come si può realizzare una strategia basata sulla semplicità

Le imprese operano in un contesto caratterizzato da complessità, incertezza, instabilità, limitata disponibilità di risorse ed elevata velocità alla quale avvengono i cambiamenti. Questo complicato e mutevole scenario condiziona la definizione delle strategie che le imprese adottano per conseguire i propri obiettivi. La percezione di complessità e incertezza induce spesso imprenditori e manager a individuare un gran numero di iniziative che possono concorrere al raggiungimento degli obiettivi fissati, in base all’assunto che il risultato globale sarà uguale alla somma dei risultati delle singole iniziative e che l’elevato sforzo complessivo potrà compensare qualche eventuale piccolo fallimento in fase esecutiva.

In realtà, le conseguenze di questo approccio sono note e sostanzialmente diverse dalle aspettative: dispersione delle limitate risorse disponibili in tante iniziative con impatto modesto o nullo sull’obiettivo; difficoltà di comunicazione del piano e della logica sottostante alle parti interessate, con effetti negativi sul consenso e sulla corretta implementazione; possibili conflitti tra diverse iniziative o diversi obiettivi parziali; alimentazione della mentalità funzionale, che può dare luogo a contrasti nell’operatività quotidiana, in grado di produrre un severo deterioramento del clima interno.

Quando imprenditori e manager devono delineare una strategia per conseguire un obiettivo definito, si trovano di fronte a un conflitto, che può essere espresso in questi termini:

  • una strategia complessa presenta le controindicazioni sopra riportate, che, oltre a ridurre la possibilità di conseguire l’obiettivo desiderato, producono un impatto negativo sui fattori chiave per la stabilità organizzativa (motivazione, collaborazione, impegno, responsabilizzazione, comunicazione, ecc.); inoltre, l’effetto spesso imprevedibile della combinazione e dell’interazione tra molte iniziative può indurre le imprese ad assumere inconsapevolmente rischi superiori a quelli che sono disposte ad affrontare;
  • il tentativo di semplificare la strategia, scomponendo l’obiettivo strategico in sotto obiettivi e procedendo alla definizione delle specifiche strategie per il loro conseguimento, porta a ignorare il carattere sistemico di ogni impresa, pregiudicando la necessaria sincronizzazione delle iniziative e inducendo a perseguire obiettivi di parte anche a scapito dell’obiettivo globale.

Come si può risolvere questo conflitto?

La direzione della soluzione

Nella scienza c’è un assunto fondamentale, accettato universalmente, in base al quale dietro l’apparente complessità dei fenomeni naturali si nasconde una notevole semplicità. Questo assunto condiziona l’obiettivo centrale di ogni disciplina scientifica, che può essere espresso mediante una frase del fisico francese Jean Baptiste Perrin:

“L’obiettivo di tutte le scienze consiste nel sostituire la complessità visibile con la semplicità invisibile”.

In altri termini, la scienza ha lo scopo di evidenziare, mediante un susseguirsi di “scoperte”, la semplicità che esiste nella natura, ma che non è immediatamente apprezzabile da chi si limita ad osservare l’enorme complessità con la quale i fenomeni naturali si manifestano ai nostri occhi.

Quando si analizza un’impresa e i suoi obiettivi, l’impressione è di avere davanti una notevole complessità visibile. Se però ci poniamo la domanda: “Che cosa impedisce all’impresa di conseguire il proprio obiettivo (o di conseguirlo in misura maggiore o più velocemente)?”, appare evidente che, in qualsiasi momento, esistono pochissimi fattori (spesso uno solo) che limitano la possibilità dell’impresa di fare progressi verso il proprio obiettivo. Questi fattori, che chiamiamo vincoli, possono pertanto costituire delle potenti leve gestionali, sulle quali focalizzare le scelte strategiche dell’impresa.

La presenza costante e ineliminabile dei vincoli costituisce il dato di fatto che permette di evidenziare la semplicità intrinseca che si nasconde dietro l’apparente complessità del modo di operare delle imprese.

Un esempio può essere utile a chiarire il concetto.

Supponiamo che un’impresa for profit abbia fissato l’obiettivo per l’anno successivo: incrementare il fatturato del 50%, con una redditività pari o superiore a quella stimata per l’anno in corso. In generale, la risposta alla domanda “Che cosa impedisce all’impresa di conseguire il proprio obiettivo?” evidenzierà una delle due condizioni seguenti:

  1. l’impresa non è in grado di rispondere, in modo affidabile e nei termini richiesti dal mercato di riferimento, a tutta la domanda che grava su di essa; in questo caso si dice che l’impresa ha un vincolo di capacità;
  2. l’impresa dispone della capacità per fare di più, ma non ha abbastanza ordini o clienti da consentirle di incrementare il fatturato (caso più comune); in questo caso si può affermare che l’impresa ha un vincolo di domanda o un vincolo di mercato.
Primo caso: vincolo interno o di capacità

Un’impresa ha un vincolo di capacità quando le risorse coinvolte nel flusso operativo finalizzato all’evasione degli ordini non hanno una capacità sufficiente per rispondere alla domanda complessiva. Questo comporta la necessità di limitare volontariamente l’afflusso di ordini, al fine di evitare il mancato rispetto degli impegni assunti.

Questa condizione fornisce un punto molto chiaro sul quale focalizzare la strategia dell’impresa: trovare il modo di incrementare la capacità.

La Theory of Constraints ha sviluppato un processo che stabilisce come sfruttare l’effetto leva reso possibile dall’esistenza di un vincolo. Il processo, denominato Ciclo di Miglioramento Focalizzato (Five Focusing Steps), si articola nelle seguenti fasi:

  1. Identificare il vincolo. Nel caso di un vincolo di capacità, esso è costituito dalla risorsa la cui capacità determina il massimo output di “unità obiettivo” che l’impresa è in grado di realizzare.
  2. Decidere come sfruttare il vincolo. La prima cosa da fare in presenza di un vincolo consiste nell’evitare di sprecare ciò di cui si dispone. Questo comporta l’assunzione di decisioni finalizzate a ottenere il massimo risultato possibile dall’attuale stato del vincolo.
  3. Subordinare tutto il resto alle decisioni assunte nella fase precedente. Dato che il vincolo determina l’ammontare massimo di output che l’impresa può ottenere, è necessario assicurare che le politiche, le iniziative e le prassi operative siano subordinate alle decisioni di sfruttamento del vincolo. Questo in genere non richiede investimenti significativi e determina un rapido miglioramento delle prestazioni.
  4. Elevare il vincolo. Dopo avere realizzato le condizioni per il massimo sfruttamento del vincolo, si può continuare a migliorare le prestazioni solo mediante iniziative che elevino la “capacità” del vincolo. In presenza di un vincolo di capacità, questa fase prevede investimenti finalizzati a incrementare la capacità della risorsa vincolo; quando il fattore limitante è costituito dalla carenza di ordini (vincolo di mercato), sarà necessario avviare iniziative finalizzate a incrementare il flusso di ordini (innovazione di prodotto/servizio, apertura di nuovi mercati, innovazione di business, ecc.).
  5. Se in una fase precedente il vincolo è stato rimosso, tornare alla fase 1. Pur essendo sempre presente un fattore limitante, la sua identità e collocazione può cambiare nel tempo, specialmente a seguito di iniziative tese a ridurne il potere limitante (fase 4). In questo caso, è necessario identificare il nuovo vincolo e reiterare il processo.

Finché resta operante un vincolo di capacità, la reiterazione del Ciclo di Miglioramento Focalizzato costituisce il modo più diretto ed efficace per realizzare la strategia d’impresa e fare progressi verso l’obiettivo definito.

Secondo caso: vincolo esterno o di mercato

Quando ciò che limita le prestazioni dell’impresa è la carenza di ordini, una strategia finalizzata all’aumento del fatturato dovrebbe essere focalizzata sulla creazione delle condizioni per incrementare la domanda del proprio prodotto/servizio.

Spesso la carenza di ordini induce a pensare che il fattore che limita i risultati dell’impresa sia la limitata dimensione del mercato. In realtà, il vero vincolo è costituito dal numero di clienti che desiderano acquistare il prodotto/servizio dell’impresa, non dalla dimensione ridotta del mercato. Se un’impresa detiene una quota di mercato del 5% nel proprio settore, significa che la dimensione del mercato potenziale, costituito dal 95% dei clienti che non acquistano o acquistano dai concorrenti, è in molti casi sufficiente a consentire di raggiungere gli obiettivi di crescita fissati.

Pertanto, il modo più semplice e rapido per incrementare la domanda consiste nello sfruttare il mercato attualmente disponibile, fornendo una risposta esaustiva alla seguente domanda:

“Quali sono le condizioni che indurrebbero nuovi clienti ad acquistare il prodotto/servizio dell’impresa, e i clienti attuali ad acquistare di più e/o a pagare un prezzo più elevato?”

La creazione di queste condizioni richiede la costruzione di un vantaggio competitivo decisivo, ossia la realizzazione dei cambiamenti necessari per consentire all’impresa di offrire un valore eccezionale al mercato, che le consenta di differenziarsi significativamente dai concorrenti e rendere loro difficile la chiusura del divario in tempi brevi. Devono inoltre essere pianificate e realizzate iniziative per la capitalizzazione del vantaggio competitivo decisivo, finalizzate a trarre il massimo beneficio possibile dall’offerta di valore.

Una strategia basata sullo sfruttamento del mercato disponibile anziché sull’allargamento del mercato potenziale (mediante il lancio di nuovi prodotti/servizi, la creazione di nuovi mercati, ecc.), risulta in genere più semplice, più economica e associata a minori rischi, e consente di conseguire i risultati desiderati in tempi più brevi.

Semplice, non facile

I due casi esaminati illustrano situazioni molto comuni nelle imprese che si accingono a elaborare una strategia per conseguire gli obiettivi definiti. La risposta alla domanda “Che cosa impedisce all’impresa di conseguire il proprio obiettivo?” induce a focalizzare l’attenzione su una sola cosa (vincolo interno o vincolo esterno), semplificando la pianificazione strategica e consentendo l’impiego più produttivo possibile della risorsa più preziosa di un’impresa: il tempo del management.

Evidenziare la semplicità presente nel contesto in cui le imprese operano permette di risolvere il conflitto precedentemente delineato, in quanto mantiene l’approccio sistemico alla gestione ed evita di forzare un’impropria semplificazione in un ambito apparentemente complesso, mediante la scomposizione dell’obiettivo strategico in obiettivi funzionali parziali.

L’approccio focalizzato alla pianificazione strategica non è facile. L’applicazione del Ciclo di Miglioramento Focalizzato può comportare la definizione e l’attuazione di procedure contro intuitive e in contrasto con le comuni prassi operative. L’identificazione, la costruzione e la capitalizzazione di un vantaggio competitivo decisivo richiedono che si segua un processo strutturato, supportato da efficaci strumenti.

Tuttavia, una chiara definizione della direzione da seguire e la focalizzazione sul fattore limitante permettono di evitare la dispersione delle limitate risorse disponibili, fornendo un riferimento per stabilire innanzitutto che cosa non fare, ossia quali iniziative assorbono risorse senza contribuire al progresso verso l’obiettivo definito o addirittura ne ostacolano il raggiungimento.

La strada da seguire per conseguire un obiettivo strategico in un ambito complesso e incerto non consiste nel definire una strategia complessa e sofisticata, né nel forzare una semplificazione del contesto, ma nello sfruttare la semplicità già esistente, che può essere evidenziata mediante una semplice domanda: “Che cosa impedisce all’impresa di conseguire il proprio obiettivo?”

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