L’Igiene Decisionale nelle Organizzazioni

L’Igiene Decisionale nelle Organizzazioni


Immagina di dover assumere una decisione che potrebbe avere un impatto rilevante sul destino della tua organizzazione. Immagina di sapere che esistono dei fattori che possono compromettere la qualità della decisione, inducendoti a commettere un errore grave e irreparabile. Purtroppo, questi fattori sono invisibili, e non è possibile evidenziarne la presenza, al fine di poterli contrastare.

Che cosa faresti?

Accetteresti il rischio di assumere la decisione con le modalità consuete, sperando che questi fattori non si manifestino nella situazione specifica?

O cercheresti di adottare delle misure per assicurare che, qualora questi fattori si manifestino, il loro impatto sulla qualità della decisione sia annullato o almeno minimizzato?

Quando il nemico è invisibile

Quest’ultimo comportamento rappresenta la declinazione, nel processo decisionale, della logica che sta alla base dell’adozione delle norme di igiene per la tutela della salute. Il lavaggio delle mani e del corpo, l’uso della mascherina, la sanificazione degli ambienti (cucine, reparti ospedalieri, sale operatorie, ecc.), la sterilizzazione degli strumenti utilizzati in particolari operazioni, servono a proteggerci da nemici invisibili (virus, batteri, sostanze pericolose), la cui presenza può rappresentare una seria minaccia per la nostra salute.

Poiché non è possibile rilevare, in modo pratico e sicuro, la presenza di questi agenti patogeni, si parte dal presupposto che siano presenti e si adottano le norme di igiene per prevenire il danno associato alla loro azione. Il punto è proprio questo: nell’incertezza (sulla presenza degli agenti patogeni), si accetta di pagare un prezzo (tempo, attenzione, denaro) per prevenire un danno rilevante.

Proprio in riferimento alle comuni norme di igiene, gli autori del libro “Rumore. Un difetto del ragionamento umano” hanno coniato l’espressione “igiene decisionale”, per indicare un insieme di pratiche finalizzate a contrastare possibili fonti di errori nella formulazione di giudizi e nell’assunzione di decisioni.

Quali sono queste fonti di errori?

Distorsioni cognitive e rumore

È noto da tempo che quando siamo chiamati a formulare giudizi, ad assumere decisioni o a risolvere problemi, in condizioni complesse e incerte, il nostro cervello tende a seguire processi di pensiero semplificati (euristiche), che inducono talvolta a commettere errori in modo sistematico e prevedibile (bias).

Dall’inizio degli anni ’80, la prevenzione di queste distorsioni cognitive è stata oggetto di numerosi studi e pubblicazioni. Purtroppo, diversi motivi portano a concludere che il tentativo di impedire sistematicamente questi errori, almeno a livello individuale, è destinato all’insuccesso.

  • Non siamo consapevoli dell’azione dei bias. La semplice consapevolezza dell’esistenza dei bias non ci aiuta a riconoscerli e a prevenirne l’impatto quando si manifestano nelle situazioni reali. “Possiamo essere ciechi all’evidenza, e siamo anche ciechi alla nostra cecità” (D. Kahneman).
  • Il numero dei potenziali bias è molto elevato (ne sono stati codificati circa duecento). Il riconoscimento della possibile azione dei vari bias, da parte di una persona impegnata nella formulazione di un giudizio o nell’assunzione di una decisione, costituisce, dal punto di vista pratico, un compito irrealistico.
  • Nel mondo reale, i bias non agiscono in modo isolato. L’effetto combinato dell’azione di più bias aumenta la difficoltà a riconoscerli e, quindi, ad adottare misure idonee a contrastarne l’impatto.

Oltre a queste distorsioni, vi è un’altra forma di errore comune, legata al funzionamento del nostro cervello, che si manifesta in particolare quando si registra una variabilità nei giudizi in situazioni nelle quali ci si aspetterebbe una notevole uniformità. È il caso di giudici diversi che emettono sentenze molto diverse per reati e situazioni molto simili; o di medici che, chiamati a esprimersi sullo stesso caso clinico e sulla base delle stesse informazioni, effettuano diagnosi significativamente diverse.

In questo caso si parla di rumore, ossia di una dispersione indesiderabile dei giudizi di fronte al medesimo problema.

I fattori che determinano questa dispersione sono molteplici: la stanchezza, l’inclinazione ideologica, il grado di avversione al rischio e alle perdite, l’umore, le preoccupazioni personali, le condizioni fisiche, lo stato emotivo, perfino il tempo trascorso dall’ultimo pasto. Si tratta, in generale, di fattori che non dovrebbero in alcun modo condizionare il giudizio o la decisione, ma che in realtà lo fanno.

È ragionevole pensare che questi fattori, il cui impatto è reso evidente dalla dispersione di un certo numero di giudizi o di decisioni che dovrebbero essere uniformi, agiscano anche quando siamo in presenza di un singolo giudizio o di una singola decisione.

La consapevolezza dell’esistenza delle distorsioni cognitive e dei fattori che causano il rumore non ci consente di adottare specifiche misure di contrasto, data la loro difficile rilevazione e identificazione nelle situazioni reali. Tuttavia, la coscienza di avere di fronte dei nemici invisibili ci apre la strada a un modo di affrontarli meno diretto, ma, in analogia con quanto avviene per le norme di igiene, non meno efficace.

Igiene decisionale: la prevenzione degli errori nelle decisioni importanti

Poiché ogni organizzazione possiede caratteristiche uniche, è opportuno che le norme di igiene decisionale vengano stabilite declinando nel contesto specifico le linee guida finalizzate a prevenire l’impatto delle distorsioni cognitive e del rumore.

Vediamo alcune di queste linee guida.

  • Stabilire quando applicare le norme. Sebbene la maggior parte delle decisioni che ogni giorno vengono assunte in un’organizzazione non abbia un’importanza rilevante e un eventuale errore non sia destinato a produrre un impatto significativo sulle prestazioni globali, in alcuni casi una decisione sbagliata può avere effetti devastanti sull’organizzazione e sulle sue possibilità di sopravvivere e continuare a prosperare. È in questi casi, quando l’errore non è un’eventualità accettabile, che seguire un processo strutturato, basato sulle norme di igiene decisionale, dovrebbe costituire una prassi operativa inderogabile.
  • Assumere che l’esito della decisione possa essere negativo. In un precedente articolo ho evidenziato che, in condizioni di incertezza e instabilità, è sempre opportuno considerare la possibilità che il corso degli eventi possa essere negativo, sfruttando il principio dell’Opzionalità Asimmetrica per assicurare una buona qualità della decisione.
  • Chiedere il contributo di altre persone nel processo decisionale. È più facile rilevare la presenza di un bias nel ragionamento di un’altra persone che nel proprio. Così, quando le conseguenze di un errore potrebbero essere tragiche e irreparabili, il coinvolgimento di più persone consente di prevenire che il processo decisionale sia condizionato dalle distorsioni alle quali un singolo decisore può essere soggetto. Naturalmente, questo non significa che una decisione importante debba essere assunta in modo democratico o sulla base di algoritmi predefiniti: al termine del processo la decisione finale potrà essere assunta da una componente ristretta del comitato decisionale o anche da una sola persona, che a quel punto avrà in mano tutto ciò che serve per assumere una decisione di buona qualità.
  • Assicurare l’indipendenza dei giudizi. Il contributo di diverse persone alla prevenzione degli errori dovuti a bias e a rumore è apprezzabile solo se i giudizi da loro espressi sono indipendenti. Per questo è necessario predisporre meccanismi operativi che assicurino che ognuno dei partecipanti al processo decisionale effettui le analisi dei vari elementi in modo indipendente, e che le valutazioni singole siano verbalizzate prima di confrontarle e di sottoporle ad un esame collettivo.
  • Scomporre il tema da esaminare in elementi indipendenti. Nella fase di analisi, separare i vari elementi da considerare, al fine di poterli esaminare in modo indipendente. Solo al termine del processo decisionale, dopo avere valutato i vari elementi, si dovrà considerarne l’interazione, adottando un approccio sistemico. Ad esempio, qualora si stia valutando l’opportunità di acquisire un’impresa, si dovranno dapprima esaminare separatamente i vari aspetti associati alla decisione (aspetti tecnici, logistici, organizzativi, di mercato, economico-finanziari, ecc.), e solo alla fine considerare la loro integrazione.

Data la natura dei problemi che ne giustificano l’impiego, le norme di igiene decisionale costituiscono una delle basi sulle quali dovrebbe essere costruito un processo decisionale, da applicare sistematicamente a ogni decisione critica che può condizionare il destino di un’organizzazione.

Inoltre, l’applicazione delle norme di igiene decisionale limita la possibilità che il decisore si lasci sedurre dalla trappola dell’intuizione, ossia da quel segnale interno (esperienza emotiva) che lo induce a fidarsi della propria intuizione, quando la complessità, l’incertezza e la singolarità della situazione dovrebbero indurlo ad approfondire l’analisi.

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