Come Migliorare la Salute di un’Organizzazione (e Ridurne la Fragilità) ANTIFRAGILITÀ
La salute non è tutto ma senza salute tutto è niente.
Arthur Schopenhauer
In una recente intervista il Prof. Silvio Garattini, fondatore e Presidente dell’Istituto “Mario Negri”, ha affermato: “In Italia abbiamo una durata di vita tra le più lunghe del mondo […]. Però siamo molto indietro nella graduatoria quando consideriamo la durata della vita sana.” L’attuale pandemia ha evidenziato la particolare vulnerabilità, rispetto alle conseguenze dell’infezione, delle persone affette da patologie preesistenti o da fattori che indeboliscono la capacità di risposta del sistema immunitario.
Questa situazione può essere utilizzata come metafora per illustrare ciò che accade nelle organizzazioni. In condizioni normali, esse mostrano una capacità sufficiente di reagire alle oscillazioni del mercato. Quando però si manifesta una congiuntura negativa, di lunga durata e dagli esiti imprevedibili, molte organizzazioni rischiano di soccombere, simili a persone strutturalmente deboli alle quali una nuova patologia può imprimere un colpo fatale.
La crisi che stiamo attraversando ci ha indotto ad acquisire la piena consapevolezza del fatto che la maggior parte delle organizzazioni, apparentemente solide e ben inserite nel mercato di riferimento, presenta una notevole fragilità, ossia una propensione a subire danni irreparabili dall’impatto di situazioni congiunturali sfavorevoli. Questa situazione finisce per mettere in secondo piano ogni altro elemento caratterizzante l’attività di un’organizzazione (redditività, competitività, longevità, quota di mercato, ecc.), dato che viene messa in pericolo la principale condizione necessaria che le consente di operare: la sua sopravvivenza.
Come valutare lo stato di salute di un’organizzazione?
Di fronte all’attuale pandemia, politici, analisti, consulenti, imprenditori e manager sono concordi nell’affermare che “non era mai successo nulla di simile in precedenza” e che “l’evento iniziale e/o il suo impatto erano imprevedibili”: frasi analoghe a quelle espresse in occasione di altri eventi recenti, che hanno avuto un grande impatto economico, politico e sociale: l’attacco terroristico al World Trade Center nel 2001, il crollo di Lehman Brothers nel 2008, il suicidio del venditore ambulante tunisino nel 2010, all’origine delle sommosse successivamente sfociate nella primavera araba. Queste affermazioni inducono ad assumere atteggiamenti improntati al fatalismo: se le situazioni che possono maggiormente condizionare la sopravvivenza delle nostre organizzazioni hanno un’origine imprevedibile, allora non si può fare nulla per prevenirle e si può solo sperare che non accadano o che non abbiano un impatto rilevante sulle nostre organizzazioni.
Questo modo di pensare, che fa affidamento sul Risk Management per prevenire e/o attenuare i danni derivanti dall’impatto di fattori di stress negativi, in realtà si rivela un paradigma limitante oggi, in un contesto caratterizzato da un progressivo incremento della complessità, dell’incertezza e della velocità con la quale si verificano i cambiamenti.
Esiste però un altro paradigma, basato sul concetto di antifragilità, che si contrappone al precedente. In base a questo paradigma, è possibile sviluppare progressivamente la capacità di un’organizzazione di superare situazioni che possono metterne in pericolo la sopravvivenza, focalizzando l’attenzione su come essa reagisce ai fattori di stress e su come migliorare tale risposta. L’adozione di questo paradigma abilitante e la sua traduzione in pratiche operative, coerenti con i principi dell’antifragilità, consente a un’organizzazione non solo di incrementare sensibilmente la sua probabilità di sopravvivere in presenza di congiunture negative, ma anche di trarre vantaggio dalla volatilità e dall’incertezza.
Questo ci induce a rivedere il modo consueto di valutare lo stato di salute di un’organizzazione. I tradizionali indici economici, ricavabili dal bilancio di esercizio, possono fornire un’indicazione della capacità di un’organizzazione di mantenersi in equilibrio con il contesto nel quale opera attualmente, senza tuttavia permetterci di valutare la sua preparazione ad affrontare efficacemente situazioni future imprevedibili e di grande impatto potenziale.
La salute di un’organizzazione si misura in base alla sua capacità di subire danni limitati in situazioni congiunturali sfavorevoli e di beneficiare enormemente delle opportunità offerte da congiunture positive.
Pertanto, la domanda chiave alla quale ogni organizzazione dovrebbe fornire una risposta è:
Come è possibile assicurare che la normale alternanza di situazioni positive e negative consenta all’organizzazione di prosperare?
Le decisioni che migliorano la salute di un’organizzazione
Il nostro cervello è strutturato per favorire la nostra sopravvivenza e permetterci di reagire tempestivamente alle minacce immediate per la nostra incolumità. Dato che il progressivo deterioramento della nostra condizione fisica non ci fornisce segnali dirompenti di pericolo per la nostra sopravvivenza, per tutelare il nostro stato di salute dobbiamo fare ricorso alla razionalità, basata sulle conoscenze scientifiche disponibili. Oggi sappiamo che una vita sana è in buona parte il risultato delle scelte che guidano i nostri comportamenti; in particolare, la nostra salute è condizionata da ciò che decidiamo di fare (alimentazione corretta e sobria, esercizio fisico, strategie e tattiche per la riduzione dello stress) e, cosa non meno importante, da ciò che decidiamo di non fare (sport estremi, abuso di fumo, alcool e cibo).
Analogamente, lo stato di salute di un’organizzazione non è percepito direttamente dai suoi membri, ma può essere condizionato dalle decisioni importanti che vengono assunte al suo interno.
Quali regole devono guidare il processo decisionale di imprenditori e manager, per favorire un progressivo miglioramento della salute di un’organizzazione?
In un precedente articolo (I Principi dell'Antifragilità - 2. Opzionalità Asimmetrica) ho evidenziato l’importanza di sfruttare l’asimmetria delle opzioni presente nella quasi totalità dei contesti caratterizzati da complessità e incertezza. La declinazione di questo principio permette di definire alcune linee guida pratiche per il processo decisionale che, se adottate sistematicamente, consentono a imprenditori e manager di ridurre progressivamente la fragilità delle organizzazioni che gestiscono.
- Selezionare le decisioni da assumere. La maggior parte delle decisioni che vengono assunte in un’organizzazione ha conseguenze modeste sulle prestazioni globali, ma assorbe l’attenzione e il tempo di imprenditori e manager, impedendo loro di applicarsi con la dovuta dedizione alle decisioni realmente importanti. È necessario disporre di criteri per distinguere le due categorie di decisioni (importanti e non importanti) e di efficaci meccanismi di delega, che consentano a imprenditori e manager di focalizzare l’attenzione sulle decisioni ad elevato impatto potenziale.
- Assumere decisioni realmente buone. Quando ci accingiamo ad assumere una decisione in condizioni di incertezza, dobbiamo accettare il fatto che, per quanto accurate possano essere l’analisi, la pianificazione e l’implementazione del piano, si possano manifestare scenari imprevisti tali da generare un esito finale molto diverso da quello atteso. Pertanto, quando si valutano le opzioni a disposizione nel processo decisionale, è sempre opportuno chiedersi quale sarebbe l’impatto dell’opzione in esame nell’ipotesi in cui si verificasse lo scenario peggiore possibile e quale sarebbe nel caso contrario. Le decisioni realmente buone sono quelle che consentono di ottenere benefici significativi qualora si manifesti lo scenario migliore e danni limitati qualora sia lo scenario peggiore a prendere forma.
- Evitare decisioni realmente sbagliate. Le decisioni realmente sbagliate sono l’esatto opposto delle buone decisioni, ossia sono relative a opzioni che possono generare benefici limitati in caso di esito positivo, ma che producono un impatto negativo devastante qualora si verifichi lo scenario peggiore possibile. Nella valutazione di un’opzione è opportuno focalizzare l’attenzione sull’entità del danno generato dal verificarsi dello scenario peggiore possibile, anziché limitarsi a valutare la probabilità che tale scenario si manifesti, evitando di prendere in considerazione opzioni che potrebbero mettere in pericolo la sopravvivenza dell’organizzazione.
- Definire meccanismi rapidi di validazione. Talvolta gli effetti di una decisione sono destinati a manifestarsi dopo molto tempo, rendendo particolarmente difficile la ricostruzione della catena di relazioni causa-effetto che collegano la decisione, le condizioni al contorno e i risultati. In particolare, questa situazione impedisce di rilevare variazioni nel contesto, che richiederebbero correzioni nel piano originario o una ripianificazione dell’iniziativa. Quando ci si trova in questa condizione, è importante definire meccanismi per ottenere rapidi feedback in merito alla decisione assunta. Questi meccanismi possono essere costituiti dalla realizzazione di un progetto pilota che permetta di verificare rapidamente l’efficacia di una soluzione, o dall’introduzione di indicatori del processo di implementazione che consentano di monitorare l’efficacia della soluzione o evidenziare tempestivamente le variazioni rilevanti delle condizioni al contorno.
Se si seguono queste semplici regole nel processo decisionale, non sarà necessario contare su successi frequenti, ma al contrario saranno sufficienti pochi casi di esito positivo per compensare ampiamente tanti casi di insuccesso.
Conclusioni
Il processo che consente a un’organizzazione di ridurre progressivamente la propria fragilità e di acquisire uno stato di crescente antifragilità richiede la diffusione tra i suoi membri di una forma mentis orientata a considerare la salute dell’organizzazione come il bene primario da tutelare.
L’acquisizione della piena consapevolezza di come la tutela della salute di un’organizzazione si può tradurre in pratiche operative richiede tempo. Tuttavia, l’adozione sistematica delle linee guida sopra riportate, influendo sulla qualità del processo decisionale, può costituire un primo passo importante per consentire a un’organizzazione di passare a uno “stile di vita” che ne tuteli meglio la salute.