Rallentare per Avere Successo - I benefici del rallentamento nel processo decisionale THEORY OF CONSTRAINTS
Festina lente (“affrettati lentamente”): con questo motto latino, attribuito all’imperatore Ottaviano Augusto, gli antichi romani esprimevano l’esigenza di procedere speditamente e con determinazione nella realizzazione delle iniziative, ma nel contempo di usare la massima cautela e tutto il tempo necessario per prevenire errori quando la posta in gioco è importante.
Sono parole che suonano come espressioni di un’antica saggezza, ma che appaiono assolutamente inadeguate a fornire indicazioni utili in un’epoca segnata dal mito della velocità.
In una grande impresa multinazionale, da qualche anno ha cominciato a circolare tra i dipendenti un motto che illustra efficacemente un aspetto centrale della cultura aziendale: “Se non sei veloce, sei fregato”.
La velocità sembra essere diventata uno degli indicatori più diffusi per misurare il buon funzionamento di un processo, sia che si svolga in ambito professionale, sia che riguardi la sfera privata.
La pressione a ricercare una velocità sempre maggiore ci induce spesso a entrare in una modalità reattiva, dove, anziché cercare di fornire una risposta adeguata agli input ricevuti, ci si limita a reagire, senza curare particolarmente la qualità della reazione. Questa modalità, quando diventa abitudine, finisce per ridurre sensibilmente la nostra capacità di focalizzare l’attenzione su ciò che consideriamo importante.
La spinta a una costante accelerazione si sta progressivamente estendendo anche ai processi di pensiero: le attività associate all’assunzione di decisioni, alla formulazione di giudizi, alla risoluzione di problemi complessi e alla realizzazione di progetti, sono sempre più soggette a pressioni per ridurne costantemente i tempi di attuazione.
L’assunto fondamentale sul quale si basa la nostra spinta all’accelerazione in ogni situazione è che sia possibile fare (bene) più cose nello stesso intervallo di tempo, che si tratti di azioni meccaniche o di processi di pensiero.
In realtà, quando ci si riferisce al processo decisionale, non solo questo assunto si rivela errato, ma la sua accettazione può avere conseguenze devastanti.
L’idea centrale: perché è necessario rallentare
Ogni giorno ognuno di noi assume in media 35.000 decisioni, la maggior parte delle quali sono automatiche o ininfluenti. Alcune decisioni, tuttavia, possono avere un impatto rilevante sulla nostra vita e su quella delle nostre organizzazioni: in questo caso, un errore può avere conseguenze gravi e irreparabili.
Nel suo libro “Pensieri lenti e veloci”, D. Kahneman presenta un modello di funzionamento del nostro cervello basato su due sistemi:
- Sistema 1, responsabile della risposta intuitiva ed emozionale, che opera senza sforzo, in modo rapido e automatico, ossia senza bisogno di un controllo attento del suo funzionamento. È il sistema operante di default, molto utile nelle decisioni semplici o basate sull’esperienza.
- Sistema 2, responsabile della risposta razionale, che richiede molto impegno ed energia, è lento, viene attivato solo mediante una scelta volontaria e tende a disattivarsi con facilità nel momento in cui l’attenzione viene distratta. È il sistema che viene chiamato in causa nei processi razionali, nelle nuove attività e nei calcoli complessi.
Il problema nasce quando si utilizza il Sistema 1 per assumere decisioni che, per la loro natura e importanza, richiederebbero l’impiego del Sistema 2.
Poiché non disponiamo di un interruttore che ci consenta di passare volontariamente da un Sistema all’altro con una semplice azione meccanica, l’unico modo per attivare il Sistema 2 consiste nel rallentare il processo decisionale. Questo, tuttavia, appare difficile da attuare quando siamo sotto pressione o quando la fatica decisionale associata alle numerose decisioni già assunte nella giornata ci spinge a cercare la strada più rapida per giungere alla conclusione del processo.
Così, mentre ci illudiamo di agire sotto il controllo del Sistema 2, siamo inconsapevolmente vittime delle trappole e delle distorsioni psicologico-cognitive alle quali siamo esposti quando lasciamo il controllo al Sistema 1, operante di default.
Rallentare sempre, ad eccezione …
In generale, quando siamo chiamati ad assumere una decisione destinata ad avere conseguenze rilevanti, è buona norma rallentare, al fine di consentire alla parte razionale del nostro cervello di entrare in azione e di utilizzare la sua velocità naturale di funzionamento.
Ci sono però situazioni nelle quali fare affidamento sulla velocità del Sistema 1 non comporta rischi rilevanti; anzi, al contrario, è la cosa giusta da fare. Si tratta di situazioni nelle quali risultano soddisfatte contemporaneamente due condizioni:
- L’ambiente presenta una regolarità sufficiente da renderlo prevedibile e i segnali di ciò che sta accadendo sono affidabili e inequivocabili.
- La persona chiamata a decidere o esprimere un giudizio ha avuto l’opportunità di apprendere la regolarità dell’ambiente, mediante una pratica prolungata e la possibilità di verificare in modo rapido e chiaro l’esito delle proprie decisioni e la correttezza dei propri giudizi.
Si parla in questi casi di "intuizione esperta".
I vigili del fuoco, i medici, i coordinatori della Protezione Civile, gli infermieri, si trovano spesso in situazioni nelle quali entrambe le condizioni sono soddisfatte: in questi casi, l'intuizione fornisce in genere una risposta adeguata, mentre rallentare il processo decisionale potrebbe avere conseguenze molto gravi, data la rilevanza del fattore tempo.
La maggior parte delle decisioni importanti, che possono avere un impatto determinante sulla vita delle nostre organizzazioni e sulla nostra sfera privata, non soddisfa nessuna delle due citate condizioni. Le decisioni sulla strategia di medio-lungo termine da adottare, sull'opportunità di entrare in nuovi mercati o di effettuare determinati investimenti, sul luogo nel quale vivere, sul compagno o la compagna con il/la quale convivere, sull'organizzazione per la quale lavorare, sono scelte poco frequenti, condizionate da segnali ambigui relativi a molte variabili aleatorie.
Paradossalmente, è proprio in queste situazioni che la pressione ad accelerare il processo decisionale, combinata con il desiderio di rimuovere rapidamente il disagio generato dalla complessità e dall'incertezza, ci spinge a fidarci di quel segnale interno, generato dal Sistema 1, che comunemente chiamiamo intuizione. La fallacia narrativa e il bias di conferma faranno il resto.
È evidente il potenziale danno generato in queste situazioni da una mal riposta confidenza nelle proprie intuizioni, che ostacola il ricorso a un più adeguato approccio razionale. In questi casi, rallentare deliberatamente il processo decisionale può costituire il primo passo necessario per consentire alla parte razionale del nostro cervello di entrare in azione.
La pratica del rallentare
Poiché il ricorso alla razionalità è particolarmente necessario quando la posta in gioco è importante e l'intuizione non costituisce uno strumento affidabile, fare una breve pausa prima di assumere una decisione ci concede il tempo sufficiente a rispondere a due domande essenziali:
- La decisione può avere conseguenze rilevanti? Se la risposta è negativa, si può procedere rapidamente agendo in modalità reattiva. In caso contrario, passare alla seconda domanda.
- Siamo nelle condizioni di poterci fidare delle nostre intuizioni? Questo equivale a chiedersi se sono soddisfatte le due condizioni che favoriscono l'intuizione esperta. In caso affermativo, una risposta rapida può essere adeguata. Altrimenti, sarà meglio seguire un processo decisionale lento, più in linea con la naturale velocità di funzionamento del Sistema 2.
In ogni caso, fare una pausa di pochissimi secondi dopo avere ricevuto un input (la richiesta di assumere una decisione, di risolvere un problema, di esprimere un giudizio, di rispondere a una domanda) ci consente di evitare i rischi di condizionamenti ed errori associati alla reazione automatica, e di esercitare consapevolmente la nostra libertà di scelta della risposta.
Conclusioni
Il Prof. E. Miller, del Massachusetts Institute of Technology, sulla base di tre decenni di studi sulla neurologia dei processi cognitivi, afferma che il nostro cervello ha una capacità cognitiva limitata, che difficilmente potrà cambiare in tempi brevi, come conseguenza della pressione evolutiva. In altri termini, la struttura e il modo fondamentale di funzionamento del nostro cervello, che non sono cambiati sostanzialmente negli ultimi 40.000 anni, non sono destinati a subire importanti modifiche per adattarsi al rapido cambiamento del contesto al quale stiamo assistendo.
Gli antichi romani non conoscevano la neurologia dei processi cognitivi e neppure la fisiologia e la biochimica di funzionamento del cervello. Tuttavia, l’esperienza condivisa e tramandata di generazione in generazione li aveva indotti a ritenere che le cose importanti di natura umana richiedono tempo.
Fino a quando non potremo disporre di macchine che, in condizioni complesse e incerte, siano in grado di assumere decisioni di qualità paragonabile a quella degli esseri umani, dobbiamo rassegnarci all'idea che l'assunzione di buone decisioni richiede tempo, perché la parte razionale del nostro cervello opera lentamente e ogni tentativo di forzarne il ritmo naturale di funzionamento è destinato a causare danni.
Quando la posta in gioco è importante, è saggio abbandonare l'illusione di poter pensare velocemente e prendersi tutto il tempo necessario per pensare chiaramente.