Le Parole del Management - 17. Pianificazione

Le Parole del Management - 17. Pianificazione


Nella preparazione di una battaglia ho sempre trovato che i piani sono inutili, ma la pianificazione è indispensabile.

Dwight D. Eisenhower

Una pianificazione consiste nell’assunzione di decisioni in anticipo rispetto al momento nel quale dovranno essere attuate, tenendo conto degli obiettivi da conseguire e delle limitazioni del contesto. Il suo scopo consiste infatti nel creare l’infrastruttura necessaria per l’esecuzione delle varie attività, al fine di massimizzare la probabilità di ottenere gli obiettivi stabiliti.

Grazie alla pianificazione, è possibile:

  • creare un collegamento tra la situazione attuale e una condizione futura desiderata, definendo le misure da realizzare, le responsabilità e la sequenza da seguire per ottenere i risultati attesi;
  • comunicare tutto questo ai soggetti interessati o direttamente coinvolti nell’esecuzione del piano;
  • disporre di un quadro di riferimento per rilevare, in fase esecutiva, gli scostamenti che richiedono interventi correttivi, in modo da consentire di agire tempestivamente e di verificare successivamente l’efficacia di tali azioni.

La pianificazione costituisce una delle principali attività di imprenditori e manager, e contribuisce a fornire una risposta al bisogno di controllo e di una certa prevedibilità del futuro.

Le organizzazioni utilizzano molte forme di pianificazione, quali la pianificazione strategica, l’elaborazione del budget, la pianificazione della produzione, la pianificazione dei progetti, l’organizzazione dei piani di miglioramento, la programmazione della formazione, la pianificazione finanziaria.

Indipendentemente dal tipo di piano che si intende realizzare, ci sono sempre due fattori che ne condizionano la realizzazione e l’efficacia:

  1. la complessità, ossia la presenza di numerose variabili rilevanti, interne ed esterne all’organizzazione, spesso con relazioni di interdipendenza;
  2. l’incertezza, ossia la fluttuazione incontrollabile delle variabili e la possibilità di insorgenza di fenomeni imprevedibili, in grado di invalidare il piano.

Spesso, in particolare nella pianificazione di progetti da realizzare in un arco temporale lungo (mesi o anni), si tende a sottovalutare il potenziale impatto di questi due fattori: la chiarezza del piano e l’invisibilità dei potenziali fattori di perturbazione induce a essere eccessivamente ottimisti sul risultato finale, con particolare riferimento al tempo necessario per il completamento del piano e alle risorse da impiegare.

È la fallacia della pianificazione, una distorsione psicologico-cognitiva che si manifesta con la definizione di piani compatibili solo con contesti ideali. Per avere un esempio di questo fenomeno è sufficiente pensare a casi nei quali abbiamo commissionato la costruzione o la ristrutturazione di un edificio, e confrontare tempistiche e preventivo di spesa iniziali con i risultati finali.

La consapevolezza dell’esistenza della complessità e dell’incertezza pone i responsabili della pianificazione in un conflitto:

  • da un lato, c’è la tendenza a definire i dettagli del piano, al fine di assicurare la sincronizzazione delle attività e l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse, dato che l’impatto delle varie azioni e della loro sequenza sul risultato (in particolare sul conseguimento degli obiettivi della pianificazione) può essere significativo;
  • dall’altro lato, la consapevolezza che una pianificazione dettagliata di ogni aspetto della produzione limita le possibilità di reagire efficacemente all’incertezza, induce a non definire i dettagli del piano, per lasciare alla fase esecutiva una flessibilità sufficiente a reagire all’impatto dell’incertezza.

L’esigenza di una pianificazione accurata è percepita in misura tanto più intensa quanto maggiore è la complessità del contesto, nell’illusione che il livello di dettaglio del piano rifletta la capacità di controllare il corso degli eventi. Spesso, si tende a includere nel piano una certa quantità di “margine di sicurezza” (tempo, risorse), per tenere conto dell’imprevedibile. L’introduzione di questo elemento, tuttavia, non equivale a strutturare la pianificazione per considerare l’esistenza dell’incertezza: ne è la prova il fatto che nella maggior parte dei casi il margine di sicurezza si rivela insufficiente a consentire l’ottenimento dell’obiettivo, oppure viene sprecato.

L’ossessione di disporre continuamente di un piano realizzabile obbliga in molti casi a effettuare frequenti ripianificazioni, per tenere conto delle perturbazioni che si manifestano nella fase esecutiva e che rendono inattuabile il piano originario.

In questi casi, il piano cessa di essere un semplice mezzo per conseguire degli obiettivi, e la sua costante accuratezza finisce per diventare un obiettivo, che giustifica l’assegnazione di una quantità significativa di tempo e di risorse.

Il conflitto sopra esposto può essere risolto invalidando l’assunto in base al quale quanto maggiore è il grado di dettaglio del piano, tanto maggiore è la possibilità di conseguire gli obiettivi con un impiego ottimale delle risorse. In realtà, è proprio l’eccessivo livello di dettaglio di un piano che lo rende vulnerabile all’impatto dell’incertezza.

Un buon piano deve includere:

  1. Solo le decisioni importanti, ogni deviazione dalle quali, nella fase esecutiva, potrebbe impedire il conseguimento degli obiettivi o comunque provocare danni. Ad esempio, la pianificazione della produzione di un ordine di prodotti da evadere in una data definita deve includere la data di completamento, la data di rilascio dell’ordine in produzione e la sequenza delle fasi.
  2. Un meccanismo di protezione di quanto pianificato, che consenta di assorbire l’incertezza e di intervenire prima che il conseguimento degli obiettivi della pianificazione siano compromessi. Nella Theory of Constraints questo meccanismo è costituito da buffer visibili, utilizzati come strumenti di gestione nella fase esecutiva, per stabilire le priorità e permettere di intervenire efficacemente in presenza di perturbazioni significative prima che il conseguimento degli obiettivi sia compromesso.
  3. Linee guida per l’assunzione di decisioni corrette nella successiva fase esecutiva.

Le soluzioni logistiche della Theory of Constraints (Drum-Buffer-Rope per la produzione; Critical Chain Project Management per la progettazione; Pull Replenishment per la gestione della supply chain) sono basate su questi tre elementi, che ne costituiscono il principale aspetto distintivo rispetto alle altre metodologie di supporto alla pianificazione.

I principali vantaggi di questo approccio sono:

  • semplificazione della pianificazione, che consente di focalizzare l’attenzione sugli elementi prioritari per il conseguimento degli obiettivi;
  • ampia flessibilità concessa alla fase esecutiva, che permette di assorbire l’impatto dell’incertezza, mantenendo la focalizzazione sugli elementi importanti ai fini del risultato da ottenere;
  • assenza della necessità di modificare i piani come conseguenza di una perturbazione, evitando in tal modo di propagarne gli effetti ad altri elementi oggetto di pianificazione.

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