I Principi dell'Antifragilità

I Principi dell'Antifragilità


Il concetto di antifragilità, sviluppato da Nassim N. Taleb e reso celebre dal suo libro "Antifragile. Prosperare nel disordine", può essere considerato uno dei più importanti concetti applicabili alla gestione del rischio in contesti complessi e incerti. Capovolgendo il tradizionale approccio al Risk Management (dalla valutazione e gestione del rischio alla focalizzazione sulla risposta all'impatto dei fattori di stress), il perseguimento dell'antifragilità si basa sulla creazione delle condizioni che consentono a un sistema non solo di non venire danneggiato irrimediabilmente dall'impatto di fattori di stress di varia natura, ma di trarre beneficio, nel medio periodo, dall'alternarsi di condizioni sfavorevoli e favorevoli.

In un precedente articolo sono stati evidenziati alcuni aspetti delle dinamiche in corso, che giustificano il crescente interesse per l'antifragilità da parte di studiosi di sistemi complessi, specialisti di Risk Management, analisti economici, imprenditori e manager. L'imprevedibilità di eventi che possono avere un effetto devastante sulla vita delle organizzazioni e la possibilità che non ci sia il tempo per reagire, prima che si produca un danno grave quando essi si manifestano, lascia alle organizzazioni una sola opzione per fronteggiare efficacemente l'impatto di tali eventi: essere preparate.

Che cosa significa per un'organizzazione "essere preparata"?

Subire danni gravi dall'azione di fattori di stress significa mostrare un comportamento fragile. Considerando l'imprevedibilità della natura dei fattori di stress e del momento del loro impatto, per prevenire questi danni è necessario allontanarsi progressivamente dallo stato di fragilità per perseguire uno stato di antifragilità crescente.

Che cosa deve fare, in pratica, un'organizzazione (o, più in generale, un sistema) per intraprendere un percorso verso una crescente antifragilità?

Nel suo libro, Taleb non descrive esplicitamente il processo da seguire per acquisire uno stato di crescente antifragilità, limitandosi a fornire alcune indicazioni applicabili nell'ambito della compravendita di opzioni. Pertanto, dopo la pubblicazione del libro sono state avviate numerose iniziative da parte di università, associazioni di categoria e società di consulenza, finalizzate a cogliere le proprietà essenziali che deve avere un'organizzazione per diventare sempre più antifragile.

Le analisi si basano spesso su due assunti:

  • le organizzazioni che hanno prosperato durante la recente crisi economica presentano un buon livello di antifragilità, e
  • adottando le politiche e i meccanismi operativi che queste organizzazioni hanno in comune, si può progressivamente ridurre la fragilità e incrementare l'antifragilità. 

L'individuazione degli aspetti rilevanti comuni alle organizzazioni che hanno fatto registrare un miglioramento dei risultati durante una congiuntura negativa permetterebbe così di definire l'identikit di un'organizzazione candidata a una crescente antifragilità.

Una rapida analisi evidenzia l'errore concettuale associato a questo metodo. Aver trovato una correlazione tra un insieme di caratteristiche peculiari comuni a diverse organizzazioni e un determinato effetto (miglioramento delle prestazioni durante la recente crisi economica) non assicura l'esistenza di una relazione causa-effetto tra le caratteristiche e l'effetto: alcune caratteristiche potrebbero essere irrilevanti come fattori causali. L'effetto potrebbe essere stato prodotto dalla presenza di fattori esterni particolarmente favorevoli, nonostante la congiuntura negativa generale. Inoltre, potrebbero esserci organizzazioni con le stesse caratteristiche, che nello stesso periodo hanno fatto registrare risultati negativi o addirittura sono uscite di scena.

La definizione di un percorso pratico per consentire a un'organizzazione di acquisire uno stato di antifragilità progressivamente crescente richiede la creazione di un legame logico tra il concetto generale di antifragilità e le applicazioni pratiche specifiche, variabili in base al contesto, che consentono la realizzazione della condizione desiderata. In altri termini, è necessario definire dei criteri che consentano di selezionare, tra le infinite iniziative concrete possibili, quelle che riducono la fragilità e consentono gradualmente di conseguire una sempre maggiore antifragilità.

I principi dell'antifragilità hanno lo scopo di creare il collegamento tra il concetto generale di antifragilità e le applicazioni pratiche. Sono enunciati che definiscono le condizioni da rispettare per assicurare che una decisione o un'attività favorisca un progressivo miglioramento della capacità di reagire all'impatto di eventi potenzialmente devastanti. Il rispetto e l'applicazione di questi principi permette di incrementare l'antifragilità, mentre la loro violazione rende più fragili.

Prendiamo ora in esame questi principi, rinviando ai prossimi articoli un approfondimento su ognuno di essi.

  1. Accettazione dei Fattori di Stress. L’incertezza, l’imprevedibilità, le interdipendenze, la variabilità e gli errori sono dati di fatto. Anziché investire tempo e risorse materiali nel vano tentativo di eliminarli (comportamento che può essere definito “fragilista”, per usare un termine coniato da Taleb), è opportuno imparare a trarre beneficio dalla loro presenza.
  2. Opzionalità Asimmetrica (+ Razionalità). In ogni situazione, le molteplici possibili decisioni portano spesso a esiti potenzialmente asimmetrici: qualora si manifestassero condizioni favorevoli, il guadagno atteso sarebbe elevato, mentre qualora si verificassero condizioni avverse, il danno sarebbe modesto; oppure, il guadagno atteso sarebbe modesto in circostanze favorevoli, mentre il danno sarebbe devastante nel caso in cui si manifestassero condizioni negative. È opportuno creare le condizioni nelle quali si ha più da guadagnare che da perdere dall'impatto della variabilità e dell'incertezza, in modo da non essere obbligati ad aver sempre ragione: si può perdere qualcosa, qualche volta, purché quando si ottiene un beneficio, questo sia di dimensioni tali da compensare ampiamente le perdite.
  3. Ridondanza. Quando la posta in gioco è importante, si deve disporre di più di quanto è strettamente necessario per rispondere alla domanda (di prodotti, di servizi, di tempo, ecc.) e fronteggiare i fattori di stress.
  4. Via Negativa. È più facile stabilire che cosa è sbagliato o non funziona, piuttosto che ciò che è giusto o funziona (e funzionerà in futuro). Anziché focalizzare sempre l'attenzione su nuove attività, è necessario smettere di fare cose sbagliate (cattivi comportamenti, cattive iniziative, indicatori sbagliati, ecc.), dire “no” molto spesso …
  5. Mettersi in Gioco. Al fine di assicurare una stretta associazione tra decisioni ed esiti, si devono creare le condizioni nelle quali ognuna delle parti interessate ha qualcosa da perdere come conseguenza delle proprie decisioni o azioni.

L'esigenza di proteggere le organizzazioni dagli effetti di eventi imprevedibili di grande impatto si scontra spesso con la percezione di impotenza di fronte a tali eventi, proprio in virtù della loro imprevedibilità. Il concetto di antifragilità, pur fornendo la chiave per una sostanziale immunizzazione delle organizzazioni di fronte a tali eventi, può rivelarsi troppo astratto per fornire indicazione pratiche su che cosa fare (e, cosa ancora più importante, su che cosa non fare). I principi dell'antifragilità consentono di colmare il divario tra il concetto e le applicazioni pratiche, fornendo gli elementi per discriminare a priori decisioni e azioni, in base al contributo che esse possono dare a rendere stabili le organizzazioni, ossia renderle preparate all'imprevedibile.

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