Le Parole del Management - 9. Errore

Le Parole del Management - 9. Errore


Se un errore non è un trampolino di lancio, è un errore.

Eli Siegel

Il termine "errore" è in genere associato a un'accezione negativa. Molti dei suoi sinonimi (sbaglio, imprecisione, colpa, azione inopportuna e svantaggiosa, ecc.) ci inducono a pensare all'errore come a qualcosa da evitare a tutti i costi, essendo esso all'origine di conseguenze sempre negative.

Tuttavia, se si desidera intraprendere un processo di miglioramento continuo, sia nel processo decisionale che nell'esecuzione delle decisioni, l'errore assume un ruolo centrale nel fornire gli elementi per apprendere importanti lezioni che la realtà ci impartisce.

Nel nostro percorso scolastico, dalla scuola materna all'università, l'errore è trattato come una cosa negativa, le cui conseguenze sono voti e giudizi penalizzanti. Quando poi si entra nel mondo del lavoro, questa accezione negativa si accentua, per il fatto che un errore produce quasi sempre un impatto economico negativo immediato per le persone e per le organizzazioni.

Quali sono le conseguenze di questa situazione?

  1. Molti sforzi saranno diretti a nascondere o a minimizzare l'errore e/o le sue conseguenze. Questo impedirà di comprendere esattamente come si sono svolti i fatti e di individuare le cause reali dell'errore, rendendo probabile la ripetizione dello stesso.
  2. Buona parte dell'analisi si focalizza sulla ricerca della colpa e del colpevole, sottraendo tempo e risorse all'attività più importante: la ricostruzione veritiera dei fatti e la ricerca delle cause.
  3. L'errore e le sue conseguenze non sono considerati, a priori, come un possibile esito di una sequenza di eventi, frutto di decisioni consapevoli. Questo implica che raramente vengono esplicitati e verbalizzati gli assunti in base ai quali si assumono le decisioni, impedendo così, a posteriori, di stabilire quali assunti si sono rivelati errati, qualora i risultati non siano in linea con le attese.

Le conseguenze peggiori, tuttavia, riguardano l'atteggiamento del management.

Analizzando il significato di focalizzazione, si è visto che in un'organizzazione, in virtù delle numerose interdipendenze tra le parti, ci sono pochissimi fattori (in genere, uno solo: il vincolo) sui quali si deve agire per ottenere un vero e proprio effetto leva sulle prestazioni globali. La maggior parte delle iniziative di "miglioramento" possibili, anche qualora non interagiscano negativamente con le iniziative incentrate sui vincoli, producono comunque, nel loro complesso, miglioramenti marginali, sottraendo risorse che potrebbero (e dovrebbero) essere utilizzate in modo più produttivo. Pertanto, possiamo concludere che una definizione completa di FOCUS è:

  • fare ciò che dovrebbe essere fatto, e, cosa altrettanto importante,
  • non fare ciò che non dovrebbe essere fatto.

Poiché la possibilità di conseguire risultati in linea con i nostri obiettivi è strettamente connessa alla nostra capacità di focalizzare l'attenzione su ciò che può produrre il massimo risultato, possiamo concludere che un approccio non focalizzato costituisce un errore. Pertanto, dalla definizione di FOCUS possiamo ricavare una classificazione degli errori in due categorie:

  • non fare ciò che dovrebbe essere fatto (Errori di Omissione);
  • fare ciò che non dovrebbe essere fatto (Errori di Commissione).

Possiamo facilmente verificare che le due categorie non presentano elementi di sovrapposizione; inoltre, un rapido esame può consentire di attribuire univocamente qualsiasi errore possibile a una delle due categorie.

Gli errori di commissione sono i più comuni, dato che spesso il concetto stesso di errore è associato a qualcosa (sbagliato) che si è commesso. La loro visibilità e la facilità con la quale possono essere misurati mediante i sistemi di contabilità ordinaria, unite all'accezione negativa generalmente associata al concetto di errore, rende le persone di un'organizzazione particolarmente attente a non commettere tali tipi di errori o a cercare di attribuirne la responsabilità ad altri. E il modo migliore per ottenere questo risultato consiste nel limitarsi ad azioni ripetitive o a iniziative a basso impatto sullo status quo.

Gli errori di omissione sono spesso i più importanti e pericolosi per la sopravvivenza delle organizzazioni, ma, salvo in rare occasioni, non hanno visibilità e non sono riconosciuti. Vi sono momenti nella vita delle organizzazioni nei quali si avverte un'incrinatura dell'equilibrio dinamico tra l'organizzazione e il contesto in cui opera, che rende necessario un cambiamento significativo (ingresso in nuovi mercati, lancio di nuovi prodotti/servizi, introduzione di nuovi approcci gestionali, ecc.). La complessità e l'incertezza del contesto può fare apparire rischiosa la decisione, in quanto difficilmente si dispone del controllo di tutte le variabili che determineranno gli effetti della decisione: i risultati potrebbero essere negativi e la decisione potrebbe rivelarsi un errore di commissione.

Pertanto, la principale ragione per la quale si commettono gravi errori di omissione non consiste nel fatto che imprenditori e manager sono troppo impegnati a fare ciò che non dovrebbe essere fatto (errori di commissione), ma piuttosto in un atteggiamento conservatore del management, impegnato a proteggere la propria immagine e a impedire che gli venga attribuita la responsabilità per eventuali conseguenze negative di decisioni che presentano un certo livello di rischio.

L'obiettivo che ognuno dovrebbe ragionevolmente porsi non consiste nell'evitare di commettere errori, dato che l'unico modo per ottenere questo risultato consiste nel limitarsi a iniziative ripetitive, contando inoltre su un'irrealistica immobilità del contesto. L'obiettivo dovrebbe consistere nell'adottare un atteggiamento e appropriati meccanismi operativi che consentano di imparare dagli errori, al fine non solo di evitare di ripeterli, ma anche di estendere i confini della propria conoscenza della realtà e di trarne beneficio.

August Bush III, CEO della Anheuser-Busch Companies, durante un discorso rivolto ai suoi dirigenti, disse: "Se non avete commesso un grave errore nel corso dell'ultimo anno, probabilmente non avete svolto il vostro lavoro, poiché non avete affrontato nulla di nuovo ..... ma se avete commesso lo stesso errore due volte, probabilmente non sarete qui il prossimo anno."

Una cultura che accetta l'errore come inevitabile conseguenza della complessità e dell'incertezza e come una preziosa occasione per consentire l'apprendimento organizzativo, crea anche le condizioni per favorire un atteggiamento improntato sul senso di responsabilità. Quando le persone sono consapevoli del fatto che l'organizzazione non tollera episodi di negligenza e di sabotaggio, ma ogni errore viene analizzato a fondo per stabilire come sono andate le cose e quali sono le cause reali, allora si diffonde in genere un senso di equità, che favorisce la trasparenza, la partecipazione attiva e l'assunzione di rischi (limitati).

Ultimi post