Elogio del Fallimento

Elogio del Fallimento


"Non si impara mai facendo una cosa giusta, dato che si sa già come farla. Si impara solo nel commettere errori e nel correggerli."

Russell Ackoff

Nel suo libro "The Choice", il Dr. Eliyahu M. Goldratt individua nella determinazione e nella capacità di superare i fallimenti una delle condizioni necessarie più importanti per ottenere successi significativi, sia sotto il profilo professionale che nella vita privata.

Perché?

Perché il fallimento è inevitabile, se si aspira a conseguire obiettivi sfidanti, e dai fallimenti si possono apprendere le lezioni più importanti sulla realtà.

Alla parola "fallimento" vengono in genere associati a concetti quali esito negativo, incapacità di superare una situazione difficile o di raggiungere un obiettivo, o, nel caso di un'impresa, stato di insolvenza irreversibile, che ne determina l'uscita di scena. Ad accentuare questa immagine cupa contribuiscono in modo determinante le ripercussioni sociali e psicologiche che ognuno di noi teme di subire in caso di fallimento:

  • La pressione sociale si esprime mediante le conseguenze negative concrete che possiamo subire (licenziamento, risarcimento danni, rimprovero pubblico, ecc.) o semplicemente il giudizio di riprovazione che altre persone possono manifestare su di noi, con danno alla nostra immagine pubblica. I timori delle ripercussioni negative di un nostro fallimento sono alimentati anche dall'ingresso in campo della distorsione retrospettiva (definita anche "distorsione del senno del poi"), un'alterazione cognitiva che porta le persone a ritenere che il fallimento fosse prevedibile e prevenibile. Quando conosciamo l'esito di una decisione, è facile ricostruire a posteriori le relazioni causa-effetto che l'hanno determinato, dimenticando le condizioni esistenti e le informazioni disponibili nel momento in cui la decisione era stata assunta. Questo induce a biasimare coloro che hanno assunto la decisione per non aver saputo evitare un risultato finale negativo, che era già dall'inizio "così ovvio".
  • Ogni fallimento rappresenta una minaccia all'immagine che noi abbiamo di noi stessi. La dissonanza cognitiva che esso genera, ossia il contrasto tra ciò che ci aspettiamo di ottenere o a cui aspiriamo e ciò che la realtà ci mostra, rischia di farci apparire meno intelligenti e capaci di quanto pensavamo di essere e ci spinge a cercare una via d'uscita nella negazione ("non si è trattato di un fallimento...."), nel trasferimento di responsabilità ("è colpa di.....") o nella manipolazione della realtà.

La comune reazione alla dissonanza cognitiva costituisce la ragione principale che impedisce di comprendere a fondo le cause di un fallimento e di utilizzare tale comprensione per migliorare la qualità delle decisioni successive. È logico aspettarsi che le persone più influenti, che potrebbero favorire la diffusione di una visione costruttiva e utile del fallimento, siano anche più inclini di altri a manipolare la realtà, al fine di proteggere la propria autostima e la propria immagine pubblica.

Il motivo fondamentale per il quale è logico aspettarsi dei fallimenti consiste nel fatto che il contesto nel quale operiamo è caratterizzato dalla complessità e dall'incertezza. In un mondo deterministico, dove tutte le relazioni causa-effetto rilevanti fossero note e immutabili, sarebbe possibile prevedere con esattezza gli esiti di decisioni e azioni; pertanto, sarebbe logico attendersi che un piano ben fatto non possa fallire. Nel mondo reale, invece, la presenza di complessità e incertezza cambia radicalmente la situazione: l'uso di efficaci strumenti di supporto all'analisi e al processo decisionale, quali i Thinking Processes, può aumentare sensibilmente la probabilità di successo, senza tuttavia permettere di assicurarne il conseguimento.

E' proprio per questo motivo che il fallimento assume un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento che deve accompagnare la nostra crescita personale e quella delle nostre organizzazioni. Il fallimento, infatti, ci induce ad ammettere che non sapevamo qualcosa che ora abbiamo l'opportunità di apprendere. In altre parole, ci offre la possibilità di allargare i confini della nostra comprensione della realtà e di trarre beneficio da tale estensione.

Che cosa possiamo fare per beneficiare del ruolo straordinario che il fallimento può ricoprire nel processo di apprendimento?

Il primo passo consiste nel cambiare atteggiamento.

Carol Dweck, nel suo libro "Mindset. Cambiare forma mentis per raggiungere il successo", parla di forma mentis statica e forma mentis dinamica, per distinguere i due principali atteggiamenti che tendiamo ad assumere nei confronti delle sfide che dobbiamo affrontare nel lavoro e nella vita privata.

La forma mentis statica è un modello di riferimento che si basa sulla convinzione che intelligenza e capacità siano dettate dai nostri geni e siano sostanzialmente immutabili. Coloro che adottano questo modello vedono le difficoltà e i fallimenti come segnali dei propri limiti: non sorprende quindi che un simile attacco alla propria autostima sia affrontato nei modi che abbiamo visto a proposito della dissonanza cognitiva.

Le recenti scoperte sulla plasticità del nostro cervello hanno invalidato i presupposti sui quali si basa il modello della forma mentis statica. Tuttavia, tale modello continua a condizionare molti aspetti della nostra vita. Ad esempio, quando si fa un apprezzamento positivo sull'intelligenza di un bambino (ossia su una dote che si suppone innata e strettamente associata alla persona), anziché indurlo a migliorare la sua fiducia nelle sue capacità di conseguire risultati ancora migliori, si può facilmente ottenere l'effetto di indurlo a temere il fallimento come un segnale della propria inadeguatezza ad affrontare certe sfide. Come conseguenza, quando dovrà affrontare il fallimento, la sua reazione consisterà in un tentativo di esorcizzarlo, di nasconderlo o di attribuirlo a fattori esterni non controllabili, impedendo così di beneficiare della lezione che la realtà gli sta impartendo.

Il modello di riferimento costituito dalla forma mentis dinamica si basa sul fatto che le capacità e le competenze possono essere migliorate con l'applicazione e l'esperienza, indipendentemente dalle condizioni iniziali. Il fallimento, anziché rappresentare l'evidenza dei nostri attuali limiti, ci offre un'opportunità per espanderli attraverso l'apprendimento.

È l'approccio dello scienziato, per il quale non esiste il fallimento, ma solo esiti di osservazioni o esperimenti, dai quali apprendere le giuste lezioni.

L'adozione della forma mentis dinamica, anziché di quella statica, è una questione di scelta. Si tratta di riconoscere che i nostri attuali limiti non ci condannano a un destino predeterminato, ma con l'impegno e soprattutto con il desiderio di considerare i fallimenti semplicemente come eventi preziosi dai quali è necessario trarre le corrette lezioni, si può intraprendere un processo di miglioramento continuo delle nostre capacità e delle nostre prestazioni.

Un'ultima considerazione. L'accettazione del fallimento come evento inevitabile in presenza di complessità e incertezza non deve indurre a cadere nel fatalismo. Nell'assumere decisioni, è opportuno assicurarsi che un eventuale fallimento non abbia conseguenze drammatiche, che mettano in pericolo la nostra sopravvivenza o quella delle nostre organizzazioni. Pertanto, quando si prendono in esame le molte opzioni possibili in ogni situazione, si devono escludere quelle che, qualora le variabili in gioco assumano valori sfavorevoli, portano a conseguenze irreparabili. Questo presuppone un'analisi preliminare delle principali opzioni in esame nell'ipotesi in cui si verifichi uno scenario pessimistico, ma ragionevolmente possibile, e una valutazione degli esiti ad esse associati.

In ogni circostanza, esistono sempre molti modi possibili di fallire: accettare il fallimento come una normale componente del processo di crescita e di apprendimento significa mettersi nelle condizioni di poter fallire senza che le conseguenze siano disastrose e irreparabili, mettendo così in pratica uno dei principi base dell'antifragilità.

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