Che cosa significa “Fare di più con meno risorse”?

Che cosa significa “Fare di più con meno risorse”?


Nei periodi di crisi, più che in ogni altro momento della vita delle organizzazioni, si pone il problema di come affrontare una riduzione delle entrate, che potrebbe protrarsi per un periodo indefinito, mettendo in pericolo la possibilità di rispettare gli impegni economici di breve termine e la sopravvivenza stessa dell’organizzazione.

Nel timore di esaurire la liquidità, la maggior parte delle organizzazioni taglia le spese, rinvia gli investimenti, riduce il personale, chiedendo a chi resta di fare del lavoro aggiuntivo per sopperire alle carenze che si sono venute a creare.

In altri termini, viene avanzata la richiesta, giustificata dalle circostanze, di fare di più con meno risorse.

Ma qual è il senso di questa richiesta?

O, più precisamente, ha senso una simile richiesta?

Apparentemente non c’è nulla di strano in questa pretesa di maggiore sforzo. Quando una squadra di calcio è in procinto di perdere una partita, è naturale chiedere ai giocatori di aumentare l’impegno fisico e mentale per cercare di vincere o almeno di pareggiare. Analogamente, quando si manifesta una minaccia concreta alla sopravvivenza di un’organizzazione, appare lecito chiedere a tutti i suoi membri un sacrificio supplementare, che consenta di superare le difficoltà, nella speranza che la crisi non duri troppo a lungo.

In realtà, le conseguenze di questa pratica comune possono divergere significativamente dalle aspettative.

Gli effetti negativi dell’eccessiva pressione

La vera domanda da porsi, quando le circostanze sembrano richiedere un maggior impegno da parte delle persone, non è se queste possano o no fare di più, o se le condizioni critiche forniscano sufficienti motivazioni per favorire un incremento dello sforzo, ma piuttosto quali potranno essere le conseguenze di un incremento della pressione sulle persone in una situazione di crisi.

Per rispondere a questa domanda, è opportuno fare alcune considerazioni.

  1. Sovraccarico delle persone già impegnate. L’assunto in base al quale le persone possono fare di più non è valido per tutte le persone che operano in un’organizzazione: alcune stanno già producendo il massimo sforzo, fornendo un contributo importante e positivo ai risultati ottenuti fino a quel momento. Chiedere a queste persone un impegno aggiuntivo significa sovraccaricarle di compiti e di responsabilità, con probabile deterioramento della qualità del loro lavoro.
  2. Durata dello sforzo. A differenza di ciò che accade nella metafora della squadra di calcio, dove la durata dell’impegno supplementare è limitata dal tempo che manca alla fine della partita, lo sforzo aggiuntivo che si richiede non ha un orizzonte temporale definito e limitato, dato che non è possibile sapere a priori quale sarà la durata della crisi. È possibile chiedere a una persona di sostenere un impegno straordinario per alcuni giorni o al massimo per poche settimane, ma la pretesa di sottoporre qualcuno a una pressione costante e continuativa si scontra con le caratteristiche del nostro cervello: una pressione eccessiva e prolungata, alterando i normali meccanismi di recupero associati alla distrazione e al riposo, favorisce la commissione di errori, la distorsione dei processi decisionali e l’insorgenza di burnout.
  3. Effetti chimici. Nei periodi di crisi le persone vivono uno stato di ansia e di preoccupazione, causato dal fatto che l’incertezza del contesto riduce la loro confidenza nell’affidabilità delle loro previsioni sul futuro, pregiudicando una delle condizioni necessarie per lavorare in modo confortevole: la sicurezza. Inoltre l’ansia favorisce la produzione di cortisolo e di adrenalina, che alterano le nostre capacità cognitive, rendendoci più preparati a un’intensa attività fisica che all’assunzione di decisioni o alla risoluzione di problemi. L’incremento della pressione può contribuire ad alimentare questo stato di ansia, portando a un progressivo logoramento delle persone e a un conseguente deterioramento delle prestazioni.
  4. Riduzione della flessibilità. L’incertezza che caratterizza i periodi di crisi richiede che le organizzazioni dispongano della flessibilità necessaria per affrontare con rapidità ed efficacia le minacce e le opportunità che si possono presentare in modo imprevedibile. Ma quando la domanda di attività ordinarie che grava sulle persone satura la loro capacità di risposta, ogni piccola perturbazione può dare origine a reazioni a catena che possono pregiudicare la capacità dell’organizzazione di rispettare gli impegni già assunti.

Alla luce di queste considerazioni, è lecito aspettarsi che la richiesta di incrementare lo sforzo per fare di più di ciò che un’organizzazione normalmente fa, ma con una quantità inferiore di risorse, possa portare a una destabilizzazione dei comportamenti e dei processi, con esiti difficilmente prevedibili.

L’errore non consiste nella focalizzazione dell’attenzione sugli aspetti finanziari, che nei tempi di crisi costituisce un elemento naturale e necessario, ma piuttosto nelle decisioni che imprenditori e manager assumono a seguito di tale focalizzazione.

Il vero significato di “Fare di più con meno risorse”

Una crisi costituisce un’ottima opportunità per un’organizzazione di riesaminare il suo modo di operare. In condizioni normali le persone sono spesso troppo impegnate nelle attività di gestione ordinaria per valutare criticamente le modalità di erogazione di valore delle organizzazioni alle quali appartengono e la loro adeguatezza a un contesto in perenne cambiamento. Ma nei periodi di crisi, la necessità di uscire dalle difficoltà, potendo contare su risorse ridotte o comunque limitate, obbliga a rivedere le priorità e, talvolta, a rimettere in discussione l’intero modello di business.

Questo processo dovrebbe portare a focalizzare l’attenzione sulle due categorie di portatori di interesse che possono, più di ogni altro, consentire di affrontare efficacemente le difficoltà associate a una crisi:

  • i clienti, per i quali è opportuno effettuare un’analisi finalizzata a rilevarne i bisogni significativi, espressi e impliciti, allo scopo di stabilire che cosa rappresenti per essi un valore reale; nelle organizzazioni for profit, questa analisi, oltre a permettere di fare di più di ciò che i clienti sono disposti a pagare e meno di ciò che per i clienti non ha valore, può consentire di costruire un vantaggio competitivo, la cui capitalizzazione, mediante una nuova proposta di business, può permettere di uscire dalla situazione critica;
  • i dipendenti, il cui impegno e la cui creatività sono determinanti nel favorire la corretta percezione di valore da parte del cliente associata alla proposta dell’organizzazione e nel gestire i delicati rapporti con gli altri portatori di interesse (fornitori, azionisti, finanziatori, ecc.).

L’esigenza di fare di più deve tradursi nella ricerca del modo più semplice, più rapido, a basso costo e a basso rischio per aumentare la percezione di valore dei clienti, condotta da persone fortemente impegnate a contribuire al successo dell’organizzazione.

Pertanto, fare di più con meno risorse significa essenzialmente focalizzare lo sforzo

  • per fare (meglio) le cose giuste (fare ciò che deve essere fatto),
  • evitando di disperdere le limitate risorse disponibili in iniziative non necessarie o con impatto positivo marginale (non fare ciò che non deve essere fatto).

Questo non significa introdurre nuove iniziative in aggiunta alle attività già in corso, ma rimodulare l’assegnazione delle risorse e le regole che governano i processi, sulla base delle priorità, degli obiettivi definiti e dell’esigenza di prendersi cura dei clienti e dei dipendenti.

In sintesi, fare di più con meno risorse non significa fare le stesse cose in misura maggiore con uno sforzo aggiuntivo, ma piuttosto dire no a molte cose e focalizzare la gestione sulle più importanti, al fine di realizzarle nel migliore modo possibile.

Questa spinta al riesame dei processi gestionali costituisce uno dei principali benefici che una crisi ci può lasciare.

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