Le Parole del Management - 14. Valore - Parte seconda

Le Parole del Management - 14. Valore - Parte seconda


Non tutto ciò che conta può essere contato, e non tutto ciò che può essere contato conta.

William Bruce Cameron

 

Qual è il valore di uno smartphone, di un'auto, di un quadro di Monet, di un intervento dell'idraulico sull'impianto idrico domestico, di una vacanza di due settimane in Polinesia?

Quando ci viene chiesto di attribuire un valore a qualcosa, siamo quasi istintivamente portati ad associare ad essa una somma di denaro.

Che cos'è il denaro?

Il denaro costituisce una comoda e utile rappresentazione del valore. In sé, il denaro non ha valore, ma è un simbolo comunemente accettato del valore delle cose che possiamo acquistare e costituisce uno strumento per misurare e comparare cose molto diverse tra loro (ad esempio, una pecora e una bicicletta).

L'invenzione del denaro nell'VIII secolo a.c. e la sua rapida diffusione dall'Asia Minore a tutte le rotte commerciali che da allora si sono sviluppate, hanno dato un notevole impulso non solo al traffico delle merci, ma più in generale al progresso, consentendo di superare alcune importanti limitazioni associate al metodo di scambio precedentemente utilizzato: il baratto.

L'uso del denaro per gestire e semplificare gli scambi di valore ci pone tuttavia di fronte a un problema importante, con implicazioni pratiche significative.

Esso nasce dalla necessità di tradurre in una somma di denaro il valore di qualsiasi cosa si desideri scambiare, o che possa comunque essere oggetto di una transazione. Questa associazione denaro-valore è tutt'altro che semplice, dato che non disponiamo di un misuratore assoluto di valore, di un "valorimetro" che ci consenta, in modo oggettivo e universalmente riconosciuto, di quantificare il valore di qualsiasi cosa.

Per stabilire quale sia la misura, in termini monetari, del valore di un determinato oggetto, dobbiamo disporre di un riferimento, al quale sia già stata associata una somma di denaro, al fine di facilitare l'operazione, riducendola a una semplice comparazione di valore. La somma di denaro attribuita al riferimento viene spesso definita prezzo di riferimento: esso consente di assegnare un valore monetario a un oggetto non in modo assoluto, ma in modo relativo.

Il prezzo di riferimento assume un ruolo determinante sia negli acquisti che nelle vendite.

Se ci si accinge ad acquistare un notebook, ci si trova di fronte a un numero estremamente elevato di modelli, che possono differire significativamente per caratteristiche tecniche, estetiche e per il prezzo. Per individuare il prezzo di riferimento si dovrà trovare il prezzo medio dei modelli che presentano le caratteristiche che rispondono ai propri bisogni, che rappresenta il valore medio della categoria che si sta considerando. Per l'acquisto di uno specifico prodotto si può accettare di pagare un prezzo lievemente superiore al prezzo di riferimento, purché il suo valore sia percepito come superiore alla media del valore della categoria e questa differenza sia considerata una giustificazione sufficiente della differenza di prezzo.

Chiunque si appresti a definire il prezzo di un prodotto o servizio da proporre sul mercato deve fare i conti con il prezzo di riferimento. Se esiste un chiaro riferimento per la categoria dei prodotti o servizi ai quali appartiene l'oggetto da proporre, si tratterà di fissare un prezzo vicino a quello di riferimento e di giustificare l'eventuale divario in base a differenze di valore percepibili dai potenziali destinatari. Se il riferimento non esiste (come nel caso del lancio sul mercato di un nuovo prodotto, senza possibilità di paragoni), allora la decisione iniziale sul prezzo da applicare assume un'importanza determinante, poiché da quel momento il prezzo costituirà il riferimento.

Quando Steve Jobs effettuò il lancio sul mercato dell'iPad, non esisteva nulla a cui paragonarlo. Al momento di presentare il prezzo di lancio, egli proiettò sullo schermo la cifra "999 $", sostenendo che gli esperti gli avevano suggerito tale somma come prezzo appropriato. Dopo aver continuato per un po' a parlare, lasciando la precedente somma visibile sullo schermo, comunicò che il prezzo di lancio sarebbe stato di 499 $, ossia..... la metà! Nonostante la somma di 999 $ avesse un carattere arbitrario, era servita per creare un'"ancora", un prezzo di riferimento: in considerazione di questo, l'acquisto di un iPad per 499 $ appariva un ottimo affare.

Questo è un esempio di come opera l'effetto ancoraggio, una distorsione cognitiva in base alla quale, dovendo assegnare un valore a un'entità ignota, si tende a partire da un valore disponibile, indipendentemente da come tale valore è stato stabilito. L'effetto ancoraggio è noto da molto tempo e utilizzato strumentalmente in modo diffuso in molte transazioni di valore. Ad esempio, nelle negoziazioni focalizzate unicamente sul prezzo, avanzare per primi una proposta assicura un vantaggio, in quanto il dato fornito costituirà il punto di riferimento per le successive fasi della trattativa.

La possibilità di utilizzare il denaro come strumento per misurare il valore induce tuttavia l'adozione di distorsioni nei comportamenti, che possono dare origine a effetti indesiderati rilevanti.

La prima distorsione, stimolata dai vantaggi di disporre di una sola unità di misura per confrontare il valore di cose di natura molto diversa, si registra quando si cerca di attribuire una dimensione monetaria a tutto ciò che ha valore. Questo comportamento, utile nelle normali transazioni economiche dove avviene lo scambio di prodotti/servizi per somme di denaro, si basa sull'assunto che tutto ciò che ha valore può essere espresso in termini monetari.

La fallacia di questo assunto può essere verificata osservando gli effetti devastanti prodotti nelle organizzazioni dal tentativo di tradurre tutto in termini monetari: quando, ad esempio, si cerca di "comprare" la motivazione dei dipendenti con l'adozione di un sistema di incentivi; oppure quando si cerca di trattenere un collaboratore insoddisfatto e desideroso di lasciare l'organizzazione, semplicemente offrendogli un aumento della retribuzione.

Anche nelle transazioni economiche, questo comportamento evidenzia molti limiti. Nelle relazioni commerciali tra imprese, ad esempio, sebbene il prezzo costituisca solo uno dei numerosi elementi importanti che vengono considerati nelle transazioni, spesso le negoziazioni si focalizzano su questo fattore, trasformando l'intero processo in un gioco a somma zero, dove un guadagno per una delle due parti si traduce inevitabilmente in una perdita per l'altra. In questo modo si rinuncia alla possibilità di considerare tutti i fattori importanti e di trovare una soluzione che produca benefici rilevanti per entrambe le parti.

Una seconda distorsione, associata al bisogno di controllo, si manifesta nella propensione ad attribuire un'importanza maggiore a ciò che può essere misurato in denaro rispetto a ciò che non può esserlo. Nelle imprese for profit, questo atteggiamento si esprime nella considerazione primaria che il profitto riceve, rispetto ad altri fattori determinanti per il successo, quali la motivazione, la comunicazione, la fiducia, l'impegno, la soddisfazione dei clienti, la soddisfazione dei dipendenti, ecc.. La generazione di profitto costituisce certamente una condizione necessaria per la sopravvivenza e la prosperità di un'impresa for profit, ma spesso è la diminuzione progressiva di uno o più degli altri fattori a fornire i primi segnali di un declino imminente.

Dobbiamo accettare un dato di fatto: il valore è un'entità che non sempre può essere sottoposta a misurazione. L'associazione valore-denaro, pur essendo comoda e conveniente dal punto di vista gestionale, presenta molte limitazioni e controindicazioni, delle quali è opportuno essere consapevoli, al fine di prevenire l'assunzione di decisioni che potrebbero produrre danni irreparabili.

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